Genova e Liguria in vista elezioni fra Bucci- Achab e Orlando Furioso, la posta in gioco è il futuro della regione.
Tra allerte gialle, arancioni e rosse, tempeste di vento, onde di cinque metri e mareggiate su tutta la lunga costa da Ventimiglia al fiume Magra, la Liguria potrebbe pure dimenticare che tra venti giorni si vota.
E che elezioni regionali: a sei mesi scarsi dallo scandalo che ha travolto Giovanni Toti sono decisive. E che elezioni, con il candidato indicato dal centro destra per prendere il posto del presidente decapitato, (e oggi in attesa di essere messo per 1500 ore ai servizi sociali, dopo avere patteggiato la pena e quindi ammesso almeno una porzione di colpa), che è Marco Bucci, il sindaco in carica di Genova, reduce da un’operazione per una malattia oncologica. Bucci è entrato in campo come il capitano Achab di Moby Dick.
In certi giorni di questo autunno un po’ folle Genova e la Liguria sembravano quasi in coprifuoco per gli allarmi meteo che hanno svuotato le strade, chiuse le scuole, sferzando le città e i paesi, sotto una cappa grigia di scirocco cattivo, la maledetta macaja glorificata da Gianni Brera, quel cielo basso sul mare scuro, prima ostro, poi libeccio e sempre scirocco carico di una umidità greve.
Coprifuoco, toque de queda, silenzio, molti negozi chiusi, la poca gente per la strada a coprirsi dalle piogge improvvise e violente a raffica, ma ovunque le urla di questa incredibile campagna elettorale breve, radente, anch’essa cattiva come il clima, nella quale emergono soprattutto i due contendenti principali alla presidenza, lui Marco Bucci il capitano Achab di questa battaglia, “ferito” per la sua conclamata malattia come il protagonista di Melville a caccia della balena infame con le sue menomazioni, ma ancor più determinato, scatenato, provocatorio nel suo inseguimento.
E Andrea Orlando, il campione dalla sinistra-sinistra, paracadutato dalle stanze romane del potere dem, dai suoi ex ministeri, dalle sue ex trame nelle correnti e negli spifferi del centrosinistra lacerato su questo territorio , lui spezzino che a Genova spesso non vuol dire accoglienza facile, esperto di politica- politica, meno di amministrazione territoriale.
I sondaggi dell’ultima ora, che tra pochi giorni saranno vietati, indicano un testa a testa, con il capitano Achab leggermente in vantaggio e comunque un possibile pareggio tra le due coalizioni che arrivano incerottate alla sfida.
Vuol dire che Bucci a metà settembre era dato sotto e ora sta rimontando. Con il campo largo improvvisamente ristretto per lo strappo di Renzi, che è improvvisamente uscito con il possibile suo 2 per cento dalla coalizione del centro sinistra, miracolosamente rimessa insieme tra Pd e 5 Stelle nella terra di Beppe Grillo.
Ma bisogna calcolare che quell’aria da coprifuoco dei giorni scorsi potrebbe trasferirsi facilmente al 27 e 28 ottobre, data delle elezioni, con un incremento della percentuale dei non votanti. Alle ultime regionali, quelle che lanciarono Toti al suo secondo mandato-tronco, era stata del 46 per cento. I sondaggisti di oggi la fanno salire al 48 per cento oggi e immaginano che possa salite addirittura oltre il 51 per cento.
Il coprifuoco e la sensazione che si respira soprattutto a Genova di un certo abbandono della città, di uno sbandamento, dipende anche dal fatto che mezza giunta comunale si è candidata sulla scia di Bucci.
Assessori – chiave della sua maggioranza, come quello che aveva in mano tutta la mobilità e la progettualità dei trasporti, Matteo Campora, e quello con la delega della tanto attuale Protezione Civile, Sergio Gambino, devono correre soprattutto per farsi eleggere in Regione.
Fatto mai visto nella storia della amministrazione genovese, il Consiglio Comunale ha chiuso i battenti proprio perché ci sono anche tanti consiglieri candidati da una parte e dall’altra dello schieramento politico e, quindi, le sedute sarebbero state semideserte e poco qualificanti.
Inoltre il vice sindaco, già indicato come possibile candidato a succedere a Bucci in Comune nel caso di una sua vittoria regionale, Pietro Picciocchi, con le deleghe fondamentali delle Finanze e dei Lavori Pubblici, ha scelto questo periodo per “internazionalizzare “Genova e viaggia dalla Corea a New York, dove si festeggia il 12 ottobre di Colombo.
E’ chiaro allora che in questo clima complessivo risaltano soprattutto gli scontri tra Bucci e Orlando, che non si sono ancora affrontati direttamente, ma si attaccano e si insultano anche ogni giorno, contrapponendo i loro programmi in modo tanto aspro quanto più focalizzato sulla polemica che sulla sostanza dei temi.
Bucci-Achab attacca, sostenendo che il suo avversario è contrario alle Grandi opere, che sono il suo piedistallo, per descrivere una Liguria post totiana con tutti i dati dello sviluppo in crescita.
“Se vincono fermeranno tutto!!!”, grida o meglio sarebbe dire in genovese “cria” Bucci, alludendo alla super diga portuale, alla gronda autostradale, al tunnel subportuale, alle funivie sui tetti di Genova, alla costruzione di ben cinque ospedali da Sanremo a La Spezia, all’abbattimento delle liste d’attesa nella devastata sanità ligure con il suo buco di 130 milioni.
Dall’altra parte Orlando, mai abituato ai toni alti della polemica, diventa veramente furioso e rinfaccia al sindaco, ora in volo sulla Liguria intera, il fatto che le grandi opere lanciate dal centro sinistra, quel centro destra di Toti non è riuscito a concluderle.
Terzo Valico fermo nel buco con i gas velenosi che impediscono lo scavo, la Gronda mai effettivamente incominciata, la diga portuale con solo quattro cassoni affondati dei cinquanta previsti per il 2024, eccetera eccetera.
Senza faccia a faccia diretti i due candidati presidenti in lizza (ce ne sono altri sette, ma tutti figure minori) se le gridano in faccia tutte le volte che si sfiorano. Come è accaduto alla Fiera di Borzonasca, piccolo paese nell’entro terra di Chiavari, alla quale sia Bucci che Orlando si sono incrociati, contestandosi ad alta voce le rispettive dichiarazioni. In una rissa che poteva diventare quasi fisica….
Insomma sembra una campagna quasi irreale, dove due sfidanti più diversi non si potevano immaginare in un contesto mai visto. Mentre il responsabile indiretto di tutto, Giovanni Toti, aspetta che il Tribunale il 30 0ttobre confermi il suo patteggiamento e gigioneggia, preparandosi a presentare il suo libro memoriale e a ricominciare a fare il giornalista, chissà dove, la Liguria appare impacciata nei suoi gangli vitali. Sia istituzionalmente che operativamente.
La Regione è retta da Alessandro Piana, il vice di Toti, oggi facente funzione da presidente, un leghista caratterialmente opposto a Toti, silenzioso e fermo ed è bloccata nelle sue decisioni chiave, soprattutto in quelle sanitarie, dove le liste d’attesa si stanno allungando spaventosamente e dove le prospettive di nuove strutture ospedaliere, invece di procedere, fanno litigare all’interno delle stesse coalizioni.
Alla sinistra-sinistra non piace il via alla costruzione del nuovo Galliera, grande ospedale al centro di Genova, fatto costruite a fine Ottocento dalla Duchessa di Galliera. Ma Orlando è favorevole a questa opera chiave che l’Inail si è presa in carico e allora?
Genova capitale si sta un po’ sfarinando tra tanti cantieri che rivoluzionano la città, ma è poco governata tra tutti quei amministratori candidati e cede la sua immagine patinata offerta da Bucci, tra un allarme meteo, il centro storico sempre più in preda agli spacciatori di droga e alla fuga dei commercianti storici come la mitica “Fata dei bambini”, grande magazzino di giocattoli, con intere aree oramai abbandonate a se stesse, altro che “piano caruggi”.
La Superba appare ingolfata dai cantieri, che sono il vanto del sindaco, ma il caos per i cittadini. Il waterfront brilla di novità a incominciare dal nuovo Palasport, ma le periferie soffrono anche sotto il nuovo Ponte Morandi e lì Orlando ci sguazza.
Il porto è decapitato, ancora prima della Regione e trattandosi per competenza non solo delle banchine genovesi, ma anche di quelle savonesi, il blocco dovuto a un commissariamento che dura da più di un anno, dal trasferimento lampo del presidente Signorini, passato da lì al vertice di Iren e quindi al carcere, poi ai domiciliari e ora al patteggiamento, la crisi è profonda.
Molti terminalisti e armatori non hanno da tempo risposte. E grandi temi, come quello del piano regolatore portuale, decisivo per lo sviluppo di Genova, non solo delle banchine, ammuffiscono negli uffici nel momento più delicato, mentre grande decisioni devono essere prese sui confini tra città e banchine. Ad esempio la collocazione dei depositi del porto petroli sui quali Achab e “Orlando furioso” si accapigliano.
Ora che dopo la tempesta di vento, acqua e mare, il clima si è un po’ calmato, lasciando dietro il solito tasso di danni, per fortuna non gravi come quelli apocalittici di 54 anni fa, alluvione del 1970 con 43 morti e grandi ferite o come quella di 13 anni, fa con sei morti e la condanna “esemplare” e ingiusta della sindaca Marta Vincenzi, la campagna rientra un po’ nei suoi binari.
Perfino Giovanni Toti è ricomparso sulla scena per sponsorizzare la campagna della sua portavoce, Jessica Nicolini, candidata impunemente a consigliere regionale, ed ha liquidato la sua vicenda con una battuta da brividi:” Il mio processo da uragano si è trasformato in una pioggerellina…..”.
Chiamala pioggerellina questo sconquasso di una regione decapitata e arretrata, che assiste a una contesa molto povera di veri contenuti e di messaggi nuovi, di soluzioni per un territorio che continua a dimostrarsi fragile, indifeso, irraggiungibile, con le autostrade di nuovo paralizzate, a sei anni e quattro mesi dalla catastrofe del Morandi, con le spiagge rosicchiate dal mare che sale, con la sua distanza cronica dalle altre città del Nord Ovest che non si modifica e anzi si allunga……
Ecco allora che gli ultimissimi sondaggi, “sparati” prima che cali il silenzio obbligatorio, segnalano il centrodestra in leggero vantaggio sul centro sinistra meno largo, Bucci- Achab e Orlando Furioso pari al 47 per cento e, soprattutto, la percentuale dei non votanti che sale ancora e ora è al 48 per cento, quasi la metà del corpo elettorale. Chi vuol capire capisca.
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