Dopo i contrasti estivi che hanno preoccupato non poco l’esecutivo, Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini si incontreranno venerdi a Palazzo Chigi per affrontare e risolvere i molti problemi che dividono i partiti della maggioranza.
Certo, non si può pensare che tutto verrà appianato, sarebbe assurdo ritenere che alla fine del colloquio l’Italia non avrà più difficoltà e tutti vivremo felici e contenti. No, al massimo ci si potrà augurare che la maggioranza torni ad avere una unità di idee tali che in futuro le questioni importanti saranno in parte risolte.
In verità, Giorgia e Matteo si sono già visti in Puglia durante la vacanza della premier. Ma in quell’occasione il segretario di Forza Italia non c’era e quindi si sono potute soltanto gettare le basi su cui si dovrà trovare la quadra. Una telefonta e l’accordo di vedersi a fine estate. Eccola, dunque, la data che interesserà non poco anche la minoranza che spera sempre in uno scivolone della destra per inserirsi e dimostrare come questo governo non sia all’altezza di guidare il Paese.
Il nodo principale resta quello della manovra che si dovrà presentare il 20 settembre a Bruxelles. Mancano per adesso le risorse economiche ed è su questo argomento che si dovrà lavorare e studiare alla ricerca di quei venti miliardi che mancano per superare l’ostacolo europeo. Un paio di miliardi si potrebbero recuperare dalla nuova tassazione che interessa decine di migliaia di italiani. Però, è noto che quando si parla di imposte o di tasse ogni previsione diventa impossibile. Vedremo quel che potrà succedere fino al 20 settembre e quali riserve (o piano B) avrà il Governo.
Non c’ è dubbio che questo della manovra sarà il caso più delicato su cui si discuterà a Palazzo Chigi. Necessario sarà il buon senso e la lontananza dal proprio orto. In parole semplici si dovrà pensare sopratutto al Paese e non ai propri interessi interni che potrebbero far crollare una qualsiasi intesa. Bando ai partiti per una volta. Pensiamo a noi gente comune ed al futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Non a caso si è voluto sottolineare questo apetto dell’Italia del domani perché all’ordine del giorno dell’incontro del 30 agosto ci saranno anche le nomine e cioè l’assegnazione di quelle poltrone che tutti vogliono accaparrarsi. La Rai, gli enti pubblici e chi ne ha più ne metta.
Ad esempio, su Viale Mazzini la “guerra” sarà forse spietata perché si dovrà trovare il compromesso sul nuovo vertice dell’azienda su cui tutte e tre le forze politiche non transigono. Se dovesse essere questo l’atteggiamento della premier e dei suoi più stretti collaboratori si avrà un primo fallimento del meeting. Allora, dunque, lasciamo da parte gli interessi personali per evitare che l’intoppo possa creare un flop immediato.
L’esembio emblematico lo abbiamo a portata di mano, assai recente: la questione dello ius scholae che ha diviso in maniera inequivocabile l’alleanza di governo. Antonio Tajani, sicuro di se e delle parole di Marina e Piersilvio Berlusconi, ritiene: “Non si può impedire a ragazzi e ragazze di genitori stranieri che hanno studiato per un certo numero di anni in Italia di chiedere la cittadinanza aspettando i diciotto anni dell’attuale legge”.
Salvini non ha avuto dubbi: ha detto un no categorico perché il problema non è nel programma di governo. Giorgia ha cercato di smussare gli animi con il silenzio e qualcosa l’ha ottenuto perché Tajani ha fatto una piccola marcia indietro che fa sperare.
Last, but not least, le elezioni regionali in Liguria, Umbria ed Emilia. L’opposizione spera in un cappotto, la destra lascia da parte l’ottimismo e lavora sottotraccia, tanto che in Liguria il successo di Elly Schlein e compagni non è così scontato come si pensava dopo l’arresto di Giovanni Toti.
Si potrebbe continuare mostrando all’infininito altri interrogativi, ma questi sono già sufficienti per capire il contrasto politico che domina il Paese. “Cui prodest ?” direbbero i latini. A chi giova? Non agli italiani che sono confusi e terribilmente critici nei confronti degli abitanti del Palazzo che sarebbero i primi a rischiare se si verificasse un capitombolo.