Campi elettromagnetici nelle telecomunicazioni, su ai limiti di esposizione umana. Il Governo vorrebbe innalzarli per favorire il 5G dopo le pressioni delle aziende che stanno investendo su questa importante infrastruttura digitale. L’Italia, c’è da dire, è il Paese europeo con la soglia più bassa. Se i valori restano gli stessi si rischia di rendere molto più costoso lo sviluppo del 5G rispetto a quanto accade nel resto del continente.
Pur essendo considerato fondamentale per l’economia digitale anche nell’ottica della concorrenza tra paesi europei, il 5G è avversato da un italiano su sette. Anche per questa ragione, i limiti per le emissioni dei ripetitori dei cellulari, dal 2001 sono stati fissati a 6 volt per metro. Ora però un articolo che si trova all’interno del decreto legge Taxi e Voli vorrebbe alzarli. Il Governo però, essendo consapevole del fatto che agli italiani il 5G preoccupa, ancora non ha fissato di quanto verranno alzati i limiti. Contrari anche i sindaci della Lega che bloccarono il tentativo di alzare la soglia durante il Governo Draghi e contraria anche Legambiente.
Giusto un anno fa, il Garante italiano invitava la politica a rivedere “la validità degli attuali limiti” allo scopo “di evitare che la maggiore restrittività di tali limiti possa disincentivare nuovi investimenti e l’entrata di nuovi operatori”. Il Garante spiegava che “l’analisi dei pochi studi che avanzavano il sospetto di effetti dannosi a valori di esposizione prossimi ai limiti ha portato a un giudizio di non rilevanza rispetto alle linee guida e di bassa affidabilità statistica”. Per Antitrust, i limiti italiani erano e restano troppo cautelativi.
L’allora governo Draghi non approvò però nulla anche per via della “perplessità di diversi sindaci della maggioranza, di cui si fece portavoce in particolare qualche esponente parlamentare della Lega”, scrive il Sole 24 Ore che nei mesi scorsi aveva ricostruito la vicenda.
Oggi è Legambiente ad avvertire che alzare le soglie di esposizione sarebbe “una scelta pericolosa e insensata”. L’associazione ambientalista cita uno studio italiano pubblicato dal Parlamento europeo. Nello studio si spiega che la legge italiana è l’unica che protegge davvero dal rischio cancro e dovrebbe essere presa a modello da Bruxelles.
“Non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze, se non quello economico da parte dei gestori delle telecomunicazioni che intendono, dopo aver acquistato le licenze per il 5G, risparmiare sui costi delle infrastrutture”. A dirlo è Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
“Quella che si appresta a prendere il Governo Meloni – spiega Ciafani – è una scelta insensata, che accontenta le richieste di parte dell’industria del settore e di Asstel, ma che si rivela potenzialmente pericolosa per la salute della popolazione, considerando che le ultime ricerche mettono ben in evidenza come gli attuali 6 V/m (volt per metro, n.d.r.) siano cautelativi”.
“Al Governo e alle Commissioni – ha concluso Ciafani – torniamo a chiedere, insieme alle 95 realtà della Rete 6 V/m, non solo di mantenere inalterati gli attuali limiti, ma di aprire un Tavolo di Lavoro e di confronto per ragionare insieme sulle possibili strategie da mettere in campo, raggiungendo gli auspicabili e fondamentali obiettivi di digitalizzazione, mettendo in primo piano la salute dei cittadini e delle cittadine, a partire dalle fasce di popolazione più sensibili”.
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