Guerra in Ucraina, guerra in Medio Oriente, guerra nella politica. Insegna il capitolo 7 del libro di Giobbe: “Vita hominis militia est”, cioè la vita dell’uomo è una guerra. Mai asserto fu più vicino ai giorni d’oggi. Non solo nel mondo, ma anche nel nostro Paese.
L’imperativo categorico è guerreggiare non con le armi, per carità, ma con le azioni e sopratutto con le parole. Ogni scusa è buona per mettere al tappeto l’avversario. Si dibatte non per trovare una via d’uscita ai tanti problemi che ci assillano, ma per colpire con un pugno da KO l’antagonista. Nemmeno sui due conflitti che stanno distruggendo l’Ucraina e l’intero Medio Oriente si trova un accordo. No, niente affatto. In questo modo si darebbe ragione a chi governa.
Allora, armi si o armi no? Dobbiamo continuare a darle a Kiev oppure dobbiamo fare un passo indietro perché altrimenti si aiuta la lotta, la discordia, l’ostilità? Accade così che non solo in Italia e in Europa, ma dappertutto la diplomazia a mala pena riesce a trovare una soluzione.
Che finora, purtroppo, non c’è. Ma torniamo ai fatti di casa nostra per verificare come ormai la politica non ha lo scopo di far progredire il Paese di modo che si possano fare passi avanti per lasciare ai nostri figli e nipoti un futuro migliore.
Quando mai. Adesso diventa innanzitutto obbligatorio mettere al tappeto il rivale anche con sistemi che non hanno nulla a che fare con le differenti opinioni che esprimono maggioranza e opposizione.
Si assiste così ad una guerra guerreggiata che non ha un attimo di pausa. Ora a rendere assai più difficile la situazione, si va alla ricerca di qualsiasi scivolone che possa inguaiare chi non la pensa come te. Sono di moda gli spioni, cioè quelle persone o quelle formazioni che “indagano” sottobanco per scoprire il nemico con le mani nella marmellata.
Una infinità di dossier che possono non dire nulla, ma forse un qualcosa che renda più facile la “vittoria”. Si travolge la privacy? Chi se ne frega, l’importante è trovare il cavillo che porta acqua al tuo mulino. Il political correct va a farsi benedire, ma ormai questa è diventata una prassi. A destra come a sinistra.
In questo caso (quello dei sotterfugi) è la minoranza ad essere messa sotto accusa perché “si è alla ricerca di fatti o azioni” che possano sdraiare l’avversario. “Non sono ricattabile”, replica Giorgia Meloni. “Possono indagare per anni, ma non troveranno mai niente”. Il Pd tace, i vertici non aprono bocca e fanno benissimo perché non sono questi i princìpi basilari della politica.
Però, di converso, le manovre oscure sono all’ordine del giorno. Alcuni ministri o alcuni stretti collaboratori della premier, finiscono nell’occhio del ciclone. Probabilmente hanno torto se si pensa a fatti recenti che hanno occupato le prime pagine dei giornali. Così, si va avanti per settimane e, spesso, queste polemiche sovrastano discussioni ben più importanti che riguardano il Paese.
Che fare? Ci si dovrebbe convincere che se non si cambia l’odierno modo di fare è notte fonda. Ad aumentare la rissa fa capolino anche il Vaticano, cioè la Chiesa. Molti autorevoli personaggi si occupano degli affari italiani quando farebbero bene ad ossevare il silenzio.
Ad esempio, il cardinale Matteo Zuppi che è il presidente della CEI, la conferenza episcopale italiana. Tempo fa ebbe a che dire sul premierato, la “madre di tutte le riforme” (in tal modo la considera Giorgia Meloni).
Chi era a favore (Eddy Schlein in prima fila), chi contro. Il braccio di ferro durò qualche settimana, poi si placò. Manco a dirlo, nei giorni scorsi il cardinale è tornato a discuterne affermando che la sua è soltanto una domanda: “Non è bene che si coinvolga anche la sinistra” in un problema così delicato? Dove è andato a finire il principio caro a Cavou: libera Chiesa in libero Stato”?
E’ proprio il caso di scriverlo: il principio della guerra non trova pace. Se davvero la si vuole raggiungere, come la gente auspica, è necessario cominciare dal basso (scusandoci con la politica). Comprendano i parlamentari e l’intero esecutivo che bisogna cambiare strada e remare in direzione contraria. In Italia e in Europa. L’opinione pubblica che va a votare lo chiede a gran voce.