I primi passi del campo largo somigliano tanto a quelli di un bebè che vuole cominciare a camminare senza l’aiuto della mamma.
Rifiuta la manina della genitrice, traballa, rischia di cadere e alla fine può riuscirci o fare un capitombolo senza conseguenze.
Il paragone può sembrare assurdo, ma non lo è affatto. Perchè la voglia di trovare un accordo solido c’è, ma gli ostacoli sono tanti per via dei “compensi” che vorrebbero gli alleati.
Elly Schlein, che dovrebbe essere la guida o il capo voga della grande alleanza, le prova tutte alla ricerca di un minimo comune multiplo, però nemmeno questa caldissima estate riesce a frenare le ambizioni degli altri partiti.
Le forze in campo (non largo, per carità, porta male) sono cinque: Pd, 5Stelle, Azione, Italia Viva e sinistra di Fratoianni e Bonelli.
“Solo insieme possiamo buttar giù questa destra che sta rovinando il Paese”, dicono. Parole dure che, probabilmente sono eccessive. Ma la guerra è guerra e i colpi da KO non sono proibiti.
La maggioranza va avanti senza paura (pur se con qualche perplessità) perché gli ultimi dati dell’OCSE (l’Organizzazione per lo sviluppo economico) hanno dato ragione al governo di Giorgia Meloni che è stato il primo tra i paesi europei a raggiungere il 3,4 per cento, molto meglio di Germania, Francia e Spagna.
La battaglia della minoranza non sarà semplice, ma i guai non vengono tanto da Palazzo Chigi, quanto dal fuoco amico che continua a spararli a pallettoni pur di essere il protagonista dell’ammucchiata.
Se il Pd è il partito con un enorme numero di preferenze non importa e non è un problema: quando si deve mettere in piedi un piano, tutti i componenti sono uguali ed hanno gli stessi diritti.
Ed è proprio qui che nascono le prime difficoltà: Renzi la vuole cotta, Calenda cruda, Conte non vuole lasciare ad altri lo scettro, Fratoianni e Bonelli presentano il loro conto, visti i successi conseguiti alle europee.
La frattura più vistosa riguarda il furbissimo Matteo Renzi che ha approfittato di una partita di calcio (nella quale lui ed Elly Schlein erano compagni di squadra) per cercare di rientrare nel giro dopo essere stato respinto dal voto degli elettori.
Forte dei precedenti personali, Calenda, il segretario di Azione, non ne vuole sapere di avere come alleato l’ex presidente del consiglio. “Con lui non saremo mai sereni”, sostiene ricordando il governo presieduto da Enrico Letta.
Renzi non risponde, sa che è meglio evitare al momento polemiche che potrebbero far morire l’iniziativa ancora prima che venga alla luce.
Non solo, ma Calenda un pensierino a Palazzo Chigi non lo nasconde perché potrebbe essere il terzo fra i due litiganti che hanno un nome e un cognome: Giuseppe Conte ed Elly Schlein. L’avvocato del popolo potrebbe anche accettare il ruolo di gregario del Pd, ma ad un’unica condizione: quella che a condurre la danza nel campo largo sia proprio lui.
Ad Elly Schlein che cosa rimarrebbe? La gioia di aver tagliato il traguardo di una opposizione in grado di mandare a casa la destra di Meloni. Può ingoiare questo rospo?
I commentatori più autorevoli scrivono che questa ipotesi non ha nessuna possibilità di avere un seguito. In parole semplici, il bebè del campo largo rischia di non camminare più dopo i primi passi. Rimarrà solo un petit enfant.