Il campo largo fa notizia: ogni giorno campeggia sui quotidiani e sui social perché tra i vari partiti che lo compongono non si riesce a trovare un punto d’incontro.
Nemmeno il tempo di digerire quel che è successo alla Rai, ecco presentarsi il caso Genova.
Protagonista, manco a dirlo, l’inafferabile Matteo Renzi che esce da quello che sembrava essere l’unico esperimento riuscito, quello della Liguria. Sbatte la porta lasciando di stucco Andrea Orlando, il candidato per eccellenza del centro sinistra.
Elly Schlein non crede ai suoi occhi: era fiera e si vantava di avere stretto quel patto. “Ne seguiranno altri”, sosteneva soddisfatta, “di modo che in un futuro non lontano potremmo dire addio a Giorgia Meloni e al suo governo”.
Perchè uno strappo simile? Lo spiega con parole semplici la senatrice Raffaella Paita, fedelissima dell’ondivago Matteo: “Dai 5Stelle ci è stato chiesto di cancellare dalla lista i nomi di nostri rappresentanti che si sarebbero candidati senza il simbolo di Italia Viva”.
Eh no, era troppo: il partito aveva accettato di dimenticare le vecchie ruggini, di andare avanti insieme pur di vincere e cambiare il volto della Liguria nelle elezioni del 27 e 28 ottobre.
Niente: Giuseppe Conte ha insistito e non c’è stato verso di fargli cambiare idea. Allora, come si fa a chiamarlo ancora campo largo? Una tegola sulla testa di Elly e del suo lavoro. Tutto andato a gambe all’aria.
Dunque, il problema segretaria non è di poco conto. Se dovesse ricevere una sberla e perdere in Liguria, il fuoco amico tornerebbe di nuovo all’attacco.
La sua politica e la sua “rivoluzione” non è mai andata a genio ai moderati, i quali potrebbero rialzare la testa e gettare la croce sul numero uno del Pd. “Con lei non riusciremo mai a tornare alla guida del Paese”, ritengono con forza.
Nei guai non è soltanto Elly. Chi deve battersi il petto e recitare il mea culpa è anche Matteo Renzi, il quale oggi non sa più a quale tavolo sedersi.
Questa poteva essere l’occasione propizia per rientrare nel giro con l’aiuto della Schlein. Ora a quale porta busserà? Non ci sono più posti liberi, sono tutti occupati, per cui Matteo dovrà aguzzare l’ingegno per quello che potrebbe essere un ultimo disperato tentativo.
Dove potranno andare a parare Italia Viva ed il suo striminzito seguito? A sinistra e a destra è inutile pensarci. Rimane quel centro che in troppi hanno tentato di riportare a galla senza riuscirci.
I vedovi della Democrazia Cristiana hanno superato una certa età e non hanno più credito.
Quindi? Si deve sperimentare una strada diversa che sia a metà tra la maggioranza e l’opposizione, in parole più semplici tra destra e sinistra.
Tanto più che bisognerebbe fare i conti con il nuovo corso di Giorgia. La premier ha scelto un altro iter in Europa allacciando amicizie e accordi con molti capi di governo.
Da un punto di vista internazionale è assai più forte di due anni fa quando vinse le elezioni politiche. In Italia, la situazione è più delicata perché anche i suoi alleati fanno le bizze.
Però, ogni volta lei riesce a recupare la loro fiducia. E’ così palese questo contesto che la luna di miele con gli italiani è tutt’altro che finita. I sondaggi ne sono la controprova e in ogni paese che va a visitare riceve consensi che poi si ribaltano in Italia.
La “nuova realtà” è quella che la Meloni ha smussato gli angoli degli estremisti di destra dando un volto diverso a lei e al suo partito.
Vogliamo dirla tutta senza peli sulla lingua? E’ diventata più centrista, ne fa fede il lungo colloquio avuto di recente con Mario Draghi e cioè con quell’esponente che in Europa è considerato un perno.
“Sic stantibus rebus”, affermavano i nostri padri latini, quali chances hanno quegli uomini politici (vedi Renzi e molti altri) che rivogliono farsi un look con la rincorsa al centro?
Così Italia Viva rimane al momento con un pugno di mosche in mano, seguita dal campo largo che a forza di restringersi è diventato un terreno a cui al massimo puoi disputare una partita a tennis.
Il Fatto quotidiano
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