Alla fine indirettamente e da molto lontano l’inchiesta che ha scosso Genova e la Liguria investe, a dieci giorni esatti dal voto, anche il porto, le sue banchine, i suoi terminal.
Non solo i suoi vertici e i sui protagonisti, come ha fatto la Procura nel maggio scorso, arrestando l’ex presidente Paolo Emilio Signorini e il grande terminalista Aldo Spinelli e mettendo sotto scacco il governatore Giovanni Toti , tutti accusati di corruzione e concussione per le concessioni nel porto e per altri fatti molto laterali rispetto alle banchine e ai moli.
Il Consiglio di Stato riforma una sentenza del Tar Liguria e spoglia il principale imputato dell’inchiesta giudiziaria, Aldo Spinelli e il suo gruppo, della concessione per il Genoa Port Terminal Container (51% Spinelli, 49% Hapag Lloyd), una specie di Eldorado in mezzo al porto, un grande molo in mezzo al porto di Sampierdarena, dove attraccano le meganavi con quel carico appunto di container, immensi scatoloni uno sull’altro, a bordo e poi a terra, dopo il lavoro delle grandi gru, fino a sconvolgere lo scenario delle banchine.
Il ricorso è vecchio e lo avevano inoltrato i concorrenti di Spinelli nella concessione di quel pezzo dorato di banchine, in particolare Giulio Schenone, uno scatenato self mad man, protetto a lungo da Claudio Burlando, l’ex presidente della Regione.
Anni dopo, a inchiesta giudiziaria già esplosa, ora il Consiglio di Stato ordina al porto di togliere al gruppo Spinelli quella concessione e provoca indirettamente un effetto a cascata che potrebbe modificare molti assetti , non solo sulle banchine ma sui potentati genovesi.
Scoppia come un fuoco artificiale, illuminando non solo la banchine, ma tutta la campagna elettorale giunta a pochi giorni dalla sua conclusione.
L’ordine infatti è perentorio e colpisce un gruppo già formalmente decapitato, anche se fortissimo negli affari del trasporto marittimo e non solo, affidato, tra l’altro a due figure appena nominate come nuovi vertici, David Ermini, presidente ed ex menbro Pd del Csm e Giovanni Sommariva, amministratore delegato, appena dimessosi dalla presidenza del porto di La Spezia e volato, non senza polemiche, a dirigere il gruppo.
Nel terminal, che per ora Spinelli Group vedrebbe uscire dal suo impero, lavorano oltre settecento persone che tremano e non solo loro.
Il nocciolo del ricorso vincente, l’”accusa” recepita dai giudici amministrativi, è, infatti, la trasformazione del terminal, da “multipurpose”, sbarco e imbarco di molti tipi di merci, a container. Avere trasformato un multiuso in una specializzazione sola nel porto non è una bazzeccola.
In questo modo il gruppo Spinelli avrebbe alterato il sistema intero del porto di Genova, condizionandone anche il sempre discusso piano regolatore e subordinando a cascata gli altri porti.
L’unicità della funzione container coinvolge tutto lo sviluppo dei traffici e giustifica la richiesta quasi ossessiva del gruppo Spinelli di costruire la famosa maxi diga, utile per “trattare” le navi della nuova generazione, lunghe quattrocento metri e impossibilitate a avvicinarsi oggi.
Ovviamente Spinelli e il suo gruppo hanno annunciato immediati ricorsi contro il Consiglio di Stato in Cassazione e questa intenzione potrebbe averla anche l’Autorità portuale che attualmente è retta da due commissari, i quali hanno sul piatto questa patate bollente.
La sentenza del Consiglio di Stato delinea non solo una sconfitta amministrativa per Spinelli e per l’Autorità, ma riconosce ai ricorrenti il diritto a parlare di un “quadro opaco” in cui sarebbe stata rilasciata la concessione.
E qui ecco che si connette questa decisione a sorpresa con il quadro investigativo dell’inchiesta della Procura, che la sentenza richiama testualmente: “Se per un verso è pacifico che le vicende di carattere penale evocate non riguardano il titolo concessorio in oggetto, peraltro verso è comunque ravvisabile una correlazione con la presente vicenda controversa nella misura in cui il riferimento è comunque diretto allo stesso operatore economico portuale concorrente, beneficiario di affidamenti illegittimi da parte dell’Autorità Portuale resistente, per cui le stesse parole si pongono ai limiti senza tuttavia scavalcarli della difesa in giudizio.”
Cosa vuol dire questo ragionamento dei magistrati del Consiglio di Stato? Questi giudici parlano di correlazione e di atti illegittimi con buona pace di tanti osservatori, che hanno sempre sostenuto la legittimità degli atti concessori.
E nella sentenza si parla, quindi, di distorsione dell’assetto concorrenziale come regolato dal piano portuale di Genova con un danno degli interessi privati, ma anche di interessi pubblici.
Ce ne è abbastanza per contestare la versione molto propagandata in campagna elettorale dal centro destra di una inchiesta smentita poi dal fatto che nessuno degli atti incriminati e compiuti da Toti e soci secondo l’accusa, “patteggiata “ poi è stato annullato o quanto meno inficiato dal comportamento degli imputati e smascherato dall’inchiesta.
Nel baccano della campagna elettorale questa sentenza è caduta proprio come un fuoco artificiale che si accende, ilumina, ruba l’occhio, ma poi si spegne, svanisce del tutto.
Nessuno ha interesse oggi a rimettere in discussione tutto il sistema portuale genovese se non obbligato a farlo.
Il centro destra cavalca la costruzione della superdiga e del nuovo sistema concessorio, anche per motivi che non sono solo quelli degli interessi di un terminalista o di un altro.
La diga maxi farebbe entrare le grandi navi, ma proteggerebbe anche Genova da un mare che si sta alzando pericolosamente.
E poi in questo sistema è entrato in forze un gigante come il “comandante “Aponte, socio di Spinelli in uno dei terminal.
Chi può permettersi di toccarlo oggi? Aponte è non solo un importante terminalista, insieme al gruppo Spinelli, ma è anche socio di Messina, armatore terminalista, è propietario della flotta dei Rimorchiatori, storico asset genovese, e pure da un mese de “IL Secolo XIX”, storica testata che racconta Genova e la Liguria da sempre.
Il centro sinistra non ha il porto nei suoi cavalli di battaglia di una campagna corta, con temi che si bruciano uno dopo l’altro come candele consumate, se non come miccia dello scandalo Toti.
E poi due suoi uomini, appunto Ermini e Sommariva che sono appena stati ingaggiati per piazzarli ai vertici del gruppo e quindi a chi potrebbe interessare aprire un dibattito-scontro sul tema?
Meglio lasciarlo da parte politicamente questo porto, ombelico della fortuna zeneise nella storia, ma anche fonte di contese, lotte e negli ultimi decenni di grandi inchieste finite nel nulla o esplosive come quella che porta oggi i ligure a votare in anticipo in un clima di grande tensione alla fine di una campagna bruciante.
Se non ci fosse stato il Consiglio di Stato la vicenda dei terminal portuali e delle concesioni sarebbe rimasta lì solo sfiorata dall’inchiesta della Procura. Invece…
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