Era il febbraio 2013, da quei giorni è passata più o meno un’era geologica. Il Movimento 5 Stelle, da lì a poco, sarebbe entrato in Parlamento pronto a cambiare tutto. Ricordate la democrazia diretta? Le dirette streaming? Le battaglie contro le auto blu, i privilegi e le caste? Gli scontrini sbandierati? Le guerre contro il Partito Democratico e le alleanze? Ecco, sembra passata un’eternità.
Beppe Grillo, intervistato dal Corriere del Ticino, allora tuonava: “Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno. Bisogna che se lo mettano in testa. Con noi non hanno speranze di fare inciuci, accordi sottobanco, depistare informazioni, scambiarsi appalti, favori, regalìe, mogli, amanti. È finita. Una volta entrati noi, il Palazzo diventa di vetro. Trasparente. Non si ruba più. E non solo in Parlamento: cambieremo il Paese”.
E invece ieri, proprio nella Liguria di Beppe Grillo, il Movimento 5 Stelle – lacerato dalla guerra civile interna tra il garante e Giuseppe Conte – è più o meno crollato. Forse, alla fine, è stato il Paese a cambiare il Movimento.
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