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Politica Italiana

Italia Paese con appetito ma senza denti, lo diceva Bismarck nel 1862; ma le cose da allora non sono cambiate

Italia, ecco quello che eravamo e che ancora siamo: un Paese con appetito ma senza denti.
Lo diceva di noi italiani, più o meno con le stesse parole, Ottone Bismarck, primo ministro del regno di Prussia nel 1862; ma le cose da allora non sono molto cambiate.

Forse oggi i termini giusti sarebbero altri, più politicamente corretti, adeguati ai tempi, ovvero annacquati da una buona dose di ipocrisia che condanna qualsiasi idea diversa dalla nostra. Ma questa è un’altra questione.

L’appetito italico. Vorrei essere stato nella testa di Xi Jinping quando la nostra Presidente del Consiglio gli ha detto che “la Cina non ha nessuna convenienza a sostenere la capacità industriale russa”. E ci vorrei essere stato anche quando ha dichiarato conclusa l’esperienza della “Nuova Via della Seta” salvo poi, un secondo dopo, proporre alla Cina un piano alternativo di cooperazione triennale.  Chissà cosa deve aver pensato Xi Jinping. Qualcosa però ce lo possiamo immaginare!

Italia manda Fitto in Europa: tanto rumore per niente

Italia Paese con appetito ma senza denti, lo diceva Bismarck nel 1862; ma le cose da allora non sono cambiate – Blitzquotidiano.it (nella foto Ansa: Raffaele Fitto)

Il Governo festeggia la nomina di Raffaele Fitto in Europa, l’arrivo di un bellissimo pacco regalo, con carta pregiata ed un fiocco rosso gigantesco; tutto molto entusiasmante se non fosse che dentro non c’è niente, tranne qualche delega marginale, una delle “sei” vicepresidenze che come tale conta zero, e Dombrovskis appiccicato a Fitto anche quando andrà a bersi un caffè. La verità è che non potevano estrometterci, a prescindere dal voto contro Ursula von der Leyen; diamogli un brodino caldo, avranno pensato a Bruxelles, a proposito di appetito senza denti.

I dati sull’economia del biennio 2021-2023 dichiarati dall’Istat, pensavo fosse amore invece era un calesse. Lo stesso Ministro Giorgetti ha utilizzato molta prudenza, perché uomo preparato e saggio, mentre tutto il resto della squadra si è affannato a sventolare bandiere e bandierine. Quando parliamo di questi tanto decantati risultati, ci stiamo riferendo, purtroppo per tutti noi, al solito “zero virgola”: è come se non gettando una bottiglia di plastica in mare si sostenesse di aver salvato il mondo dall’inquinamento.

Si parla di variazioni limitate, e comunque di un trend iniziato già nel 2022 con il governo precedente e figlio più che altro della complessa e complessiva ripresa economica post-pandemia. E non potrebbe essere altrimenti, perché non esistono, ad oggi, riforme attuate da questo Governo capaci di produrre significativi cambiamenti strutturali in grado di generare importanti performance economiche; e intanto Bankitalia suona l’allarme sui conti pubblici e sul Pil che nel 2024 sarà sotto le stime previste dal Governo. Però la maggioranza spende parole lusinghiere sul proprio operato. Bah!

E poi c’è la fiaba più bella di tutte, per bambini e famiglie

“Stiamo facendo la storia”, ha detto la Presidente del Consiglio  in Italia. Ovviamente chi poteva ridere ha riso, tutti gli altri hanno fatto finta di niente per non rischiare la fatwa di Donzelli. Ma… mi domando, abbiamo cortezza del delirio politico che nasconde questa frase?

Al paragone, Luigi Di Maio che si affaccia dal balcone di Palazzo Chigi al grido di “abbiamo abolito la povertà” è roba da principianti; capirei se domani mattina la Meloni ammassasse truppe al confine e dichiarasse guerra alla Francia, allora si, che avrebbe un senso il richiamo alla storia. Ma che fine hanno fatto gli spin doctor esperti in comunicazione? Forse si erano distratti quel tanto che è bastato.

Il problema vero è che l’unico richiamo alla storia che possono fare è quando dimostrano di averla studiata poco o quando, ancora peggio, la strumentalizzano per fini politici manifestando così tutta la loro debolezza.

Aveva ragione Bismarck abbiamo appetito ma ci mancano i denti

Arrivati quasi a mezzo mandato elettorale, su una cosa possiamo essere certi: la Meloni sta facendo, né più né meno, quello che, salvo sfumature, hanno fatto tutti i suoi più recenti colleghi e cioè vivacchiare.

Siamo sempre lì, nell’indefinito, in quel vasto campo della quotidiana amministrazione priva di riforme, il così detto tirare a campare. Il cambiamento, tanto decantato durante la campagna elettorale, è naufragato in malo modo nel mare della retorica di una destra rimasta, nel migliore dei casi, agli anni ‘70.
Ancora nelle orecchie l’eco di quel “per l’Europa è finita la pacchia!!!”, strillato dalla Meloni durante un comizio.
Niente è cambiato e se ancora Fratelli d’Italia regge nei sondaggi è perché anche l’elettore di destra vive tempi difficili: se fallisce la Meloni non sapranno nemmeno loro chi votare, l’hanno provate tutte, esattamente come a sinistra e questa è l’ultima possibilità prima dell’astensione.
Questo è il Governo delle caselle vuote.
Tanto per dare un’idea, una casella vuota può voler dire assenza di strategia, di idee, di leadership; una casella vuota è il principio del non esserci, la contrapposizione alla presenza, la sola ambiguità come linea politica. Per essere più chiari è come se, durante la costruzione di un puzzle vi accorgeste della mancanza di alcuni pezzi, ed allora decideste di lasciare vuoti gli spazi che si verrebbero a creare.

Il peggio però potrebbe arrivare dopo. Immaginate che un ipotetico Signor Rossi, con i propri pezzi, volesse concludere il vostro puzzle. Nella migliore delle ipotesi, il Colosseo che tanto avevate desiderato veder comparire, potrebbe avere dentro alcuni frammenti della Torre Eiffel, oppure nello Skyline di New York uno scorcio di deserto del Sahara.
In politica la questione diventa meno divertente e drammaticamente seria.
Quando le caselle vuote sono troppe un governo sprofonda progressivamente nella marginalità, ovvero nell’impossibilità di influire positivamente nei processi che contano, in balia di quel che accade, incapace di tenere la macchina sulla strada.
Soprattutto in politica estera queste difficoltà emergono in tutta la loro spinosità, ed è talmente vero al punto che la Meloni non perde mai occasione per ribadire sempre l’esatto contrario, e questo perché è consapevole che dietro al fumo della retorica c’è un vuoto spiazzante, l’ennesima casella vuota.

Nello scacchiere internazionale Italia forse tra i Paesi più in difficoltà

Il tempo delle scelte, sottile linea di confine dalla quale la Presidente si tiene lontana, è lo spartiacque tra la politica e l’illusione di farla. Niente a che vedere con l’attendismo o con l’arte di temporeggiare. La Meloni vorrebbe diventare l’ago della bilancia di molte partite ma non ha la statura politica per poterlo fare.

E come potrebbe essere altrimenti, ad esempio, con un Salvini che da Pontida lancia la “santa alleanza dei popoli europei” in compagnia del premier ungherese Orbán, dell’olandese Wilders, del leader del partito di estrema destra portoghese André Ventura, del portavoce di Vox Antonio Fuster, di Bolsonaro, di Bardella, e dell’austriaca Geert Wilders?

Il Ministro degli Esteri Tajani alla notizia della “santa alleanza” è sobbalzato dalla poltrona della Farnesina affrettandosi a dichiarare che vanno isolati i rigurgiti neo-nazisti. Una bella gatta da pelare per questo Governo, profondamente diviso come tutti gli altri che l’hanno preceduto, soprattutto in politica estera.

Un’altra casella vuota e tanti altri problemi difficili da governare.
Molti politici della maggioranza in Italia e non solo, sostengono che sono proprio queste caselle vuote a garantire la solidità di un Governo. Purtroppo costoro confondono l’agire politico volto all’interesse del bene pubblico, con l’agire esclusivo per il solo tornaconto di parte.
Intanto la Presidente del Consiglio vuole stanare la talpa della chat. La cosa interessante è sapere che le talpe non vanno in letargo, sono infaticabili, scavano gallerie in qualsiasi momento dell’anno; esserino indubbiamente tenace quest’ultimo: ci vorrebbe una volpe!

Emiliano Chirchietti

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