Landini, è bufera. Il leader della Cgil è travolto da critiche e polemiche da sinistra; sarcasmo e bordate beffarde da destra.
L’accusa è tosta : il sindacalista ha licenziato lo storico portavoce Massimo Gibelli, 40 anni di onesto servizio, ex braccio destro di Cofferati, addetto stampa (agli esordi ) della Cgil piemontese guidata da Fausto Bertinotti. Licenziato su due piedi “per giustificato motivo oggettivo”.
Decisione impugnata da Gibelli; provvedimento comunque in linea con la legge n.604 del 1966. Legge più volte modificata nel corso degli anni. Gli ultimi ad ocuparsene sono stati la Fornero (2012) e Renzi col Jobs Act (2015). Va detto che queste leggi sono state duramente contestate dal sindacato stesso.
Ora, opla’, il dietrofront che non ti aspetti. E giù un grandinata di “niet” da far impallidire anche i nesci. Nel coro spicca la voce pesante di Teresa Bellanova, 65 anni, pugliese di Brindisi, una vita nella Cgil di Lecce prima di entrare nei governi Conte, Draghi, Renzi, Gentiloni come ministro dell’agricoltura e vice ministro delle Infrastrutture (con Draghi ) e Sviluppo Economico (con Renzi e Gentiloni). Ma il meglio di se l’ha dato quando era sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2014-2016). E’ stata anche parlamentare Pd è presidente nazionale di Italia Viva.
“Landini? Licenzia come i padroni.” Il brusco licenziamento di Gibelli non è stato digerito da Teresa Bellanova. Anzi la sterzata dell’attuale segretario della Cgil le ha offerto lo spunto per una dura critica alla Cgil ma anche al Pd di Elly Schlein che gli va a rimorchio.
Aggiunge l’ex ministro:” Se Landini avesse voluto utilizzare gli strumenti di quella riforma (jobs act) avrebbe potuto evitare un licenziamento così brusco. Ha usato le stesse giustificazioni degli imprenditori che non sanno innovare. Proprio il tanto vituperato jobs act prevede la possibilità di trasferire il lavoratore ,che non voglia, da un settore in cui si deve ridurre il personale ad un altro, salvaguardandone il salario. Mi chiedo: perché non lo ha fatto nel caso di Massimo Gibelli?”.
Teresa Bellanova è passata dalla gavetta ai vertici del sindacato con una costanza granitica. E a tutt’oggi è ancora iscritta alla Cgil. Aggiunge: ”Dal 2018 non ho più nemmeno ricevuto la tessere per non parlare di una convocazione per riunioni, assemblee, discussioni. Mi pare si stia perdendo il rapporto con il mondo reale, a cominciare dai giovani che infatti non riconoscono più un sindacato sempre più burocratico come interlocutore“.
Quanto al salario minimo battaglia che Landini ha fatto propria insieme a Conte e Schlein, la Bellanova boccia questa strada: ”La battaglia per il salario minimo non è una strada verso il futuro. Al contrario. Così il sindacato abdica al proprio ruolo, vende fumo, promettendo migliori condizioni per i lavoratori ma al tempo stesso crea per loro un rischio enorme.”