Tutti in piedi per Berlinguer. Standing ovation. Dove? Al Nazareno? No. A Pescara, sotto il “capannone elettorale” di Fratelli d’Italia, sulla spiaggia libera di Largo Mediterraneo. Sì, sotto il tendone che Avs e Rifondazione hanno denunciato perché occupa l’intero arenile e “impedisce la visuale del mare”. L’esposto, francamente surreale per molti (quorum ego), non ha scalfito la kermesse del partito meloniano, e così la platea ha potuto omaggiare l’indimenticabile segretario del Pci scomparso nel giugno del 1984, giusto quarant’anni fa. L’applauso, tanto lungo e sentito quanto inaspettato, è “scoppiato” mentre Bianca Berlinguer, oggi giornalista Mediaset, intervistava il presidente del Senato, Ignazio La Russa; il quale, apparentemente non sorpreso, ha subito chiosato: “Questo applauso è la coerente continuazione dell’omaggio che il capo della destra rese a Enrico Berlinguer”. Chiaro il riferimento a Giorgio Almirante (1914-1988) che “andò solo al funerale del leader Pci”, come ha confermato la figlia Giuliana. Che ha poi aggiunto: “Papà e Berlinguer furono avversari, mai nemici”. Altri tempi, altri uomini. A qualcuno saranno fischiate le orecchie.
Berlinguer, moderato e rassicurante
Rapido excursus sullo scenario che si è materializzato nella tre giorni di Pescara. Il ricordo di Berlinguer è emerso in tutta la sua valenza. Il leader del Pci, cioè di un partito che già nel ‘68 aveva preso per la prima volta le distanze dall’Urss, era ritenuto un moderato e rassicurante segretario. Piaceva la sua persistente “diversità” che derivava dalle origini rivoluzionarie del partito. Il Pci in quegli anni era il principale luogo di incontro delle istanze di trasformazione della società italiana. Lo si vide nelle elezioni regionali e locali del giugno 1975 ( e prime cui parteciparono i diciottenni) e poi nelle politiche del 1976, dove il Pci toccò il suo massimo storico (34,4%) avvicinandosi alle percentuali della Dc (38,7%), mentre il Psi restava sotto il 10%; il che decretò la fine di Pietro Nenni e l’inizio della ascesa di Bettino Craxi.
Erano anni difficili con il terrorismo di destra e di sinistra e con l’immagine di uno Stato debole e minato dalla corruzione politica emersa con gli scandali per le tangenti. Tempi di attentati, di lotta armata, di crisi economica, di inflazione (dovuta all’aumento del prezzo del petrolio), di violenti scontri di piazza, le Brigate Rosse, il sequestro Moro. Nel difficile clima politico creatosi dopo l’assassinio di Moro, il governo avviò il risanamento dell’economia aiutato in questo dall’atteggiamento dei comunisti che si fecero sostenitori di una linea di austerità. La stessa, o quasi, che piace oggi a Giorgia Meloni.
Le mosse di Giorgia
La kermesse di Pescara sarà soprattutto ricordata per due mosse della premier Giorgia Meloni. La prima è la scelta di candidarsi alle elezioni europee presentandole come un referendum su se stessa. Con lei Tajani, Schlein e Calenda sono 4 i leader di partito capolista a giugno. La seconda è l’omaggio con ovazione a Enrico Berlinguer. Ha soprattutto colpito ciò che la Meloni ha detto in chiusura della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia. La premier, candidata capolista in tutte e 5 le circoscrizioni alle Europee, ha detto: “Sulla scheda scrivete solo Giorgia“. Un escamotage peraltro consentito dalla giurisprudenza. Funzionerà?