Le Olimpiadi accendono la politica, Paola Egonu fa litigare destra e sinistra. Figurarsi se i nostri uomini e donne politici si facevano sfuggire l’occasione di battibeccarsi anche durante la settimana di ferragosto. Grazie, pure prima. Nemmeno il tempo di far fischiare l’arbitro per mettere fine ad una partita storica per la pallavolo italiana.
Oro alle Olimpiadi dopo un match perfetto contro gli Stati Uniti a cui hanno strappato quella medaglia sogno di chi partecipa ai Giochi. Doveva essere un coro di felicità, un evviva gridato da tutti, nessuno escluso. Di certo onorevoli e senatori (bontà loro) non hanno mancato di gioire, ma un attimo dopo è cominciata la polemica con risse da cortile, divisi da un risultato a noi favorevole che solo la fantasia dei parlamentari italiani poteva inventarsi.
Perchè tanto rumore? Indovinate un po’: il motivo era che nella nazionale delle azzurre giocavano alcune ragazze con un cognome straniero. Apriti cielo: eccolo pronto un altro motivo per litigare e dividersi tra destra e sinistra e, perché no, tra maggioranza ed opposizione. Il termine razzismo correva sul filo anche se nessuno si è azzardato a pronunciarlo, se non altro perché non aveva nessuna ragione di esistere in quel contesto.
Certo, per chi ha un minimo di razionalità, l’argomento non doveva essere un pretesto per rovinare una festa che coinvolgeva milioni di italiani, anche quelli che con lo sport hanno poca dimestichezza. Invece no: quale migliore occasione per prendersela con gli avversari di colore (absit iniuria verbis) avverso. I termini più usati erano: multicultura, multietnico di cui ci si riempiva la bocca per mettere a tacere un esponente politico che non la pensava come te.
In termini assai più semplici, si colpevolizzava quanti in passato avevano stortro la bocca guardando la foto della formazione femminile azzurra di pallavolo. “Se non ci fossero state loro con gli Stati Uniti, non avremmo mai vinto. Se non è razzismo questo, che cosa è?” Parole durissime senza peli sulla lingua. La sinistra incalzava mettendo all’angolo, lui Guelfo, l’altro Ghibellino. La protagonista su cui verteva maggiormente il dibattito aveva un nome e un cognome: Paola Egonu sulla quale in passato erano sorte violente polemiche.
Dovremo riconoscere innanzitutto che la ragazza ha grandi doti da schiacciatrice, tali da vincere (quasi da sola) una partita. Accanto a lei una seconda giovanotta di colore, Myriam Sylla, altra schiattatrice e protagonista di primo piano. Ebbene entrambe hanno la pelle nera, ma sono nate in Italia. La prima a Cittadella, in provincia di Padova; la seconda a Palermo.
Sorse una diatriba per una frase poco felice di un giornalista della tv. “Sono brave, nere italiane. Un esempio di integrazione vincente”. Da allora, non si è mai sopito un braccio di ferro in verità poco edificante.
Ragione per cui anche domenica pomeriggio è scattata la molla del dualismo politico: la sinistra schierata da una parte, con ancora un esempio, quello della pugile algerina Imane Khelif, da molti considerata a tutti gli effetti un uomo. Dall’altra, la destra che considerava simili schermaglie fuori posto, visto il momento assai felice per lo sport italiano, in particolare quello della pallavolo.
Comunque sia, in campo sono scese le due donne più importanti della politica italiana: la sempre presente Elly Schlein che ha ribadito il concetto favorevole alla multietnia, un fenomeno non solo italiano, se si osservano i campioni dei Giochi e le loro nazionali; la seconda, come presidente del consiglio, che si è limitata a fare grandissimi complimenti alla squadra ed alle loro protagoniste nessuna esclusa.
Così, alla fine di una giornata, in cui tutti avremmo dovuto pensare al traguardo storico raggiunto, si è passati alla solita melina del dualismo che infervora il Parlamento. Ma non gli italiani che leggono, riflettono e poi si chiedono se andare a votare e per chi
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