Magistrati e Governo: una via d’uscita c’è, basta cercarla

Cui prodest? A chi giova questa estenuante  e inutile guerra tra magistrati e Governo?

Se si provasse a fare un sondaggio (non di parte) si potrebbe comprendere quanto questo braccio di ferro sia poco compreso dall’opinione pubblica che legge, si informa e continua a non raccapezzarsi tra i mille rivoli che circondano questa assurda competizione.

Ma la verità è che ormai ai Palazzi non interessa più quel che pensa la gente tanto tutto avviene nelle segrete stanze del potere senza che nessuno dall’esterno possa intervenire.

Giornali e tv pieni della guerra

Magistrati e Governo, una via d’uscita c’è, basta cercarla – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

Non ci sono le elezioni a decidere? Non è il popolo sovrano a condurre la danza? Dovrebbe essere così, ma non lo è perché poi gli intrighi sono più forti di una qualsiasi altra cosa, tanto è vero che ad averla vinta solo i soliti noti.

Anche nel caso che sta riempendo in questi giorni i quotidiani  e le tv il ritornello si ripete e incontra pochissimi ostacoli facilmente superabili.

Si va avanti e indietro e naturalmente regna l’immobilismo più assoluto. Prendiamo come esempio emblematico quello dei migranti clandestini. Il governo prende una decisione, si crea un  centro in Albania dove dovranno andare coloro che sono in attesa di sapere che fine faranno. Inizia la “crociera” che dura lo spazio di un mattino: andata e ritorno di un viaggio che non dura più di 48 ore.

Magistrati a testa bassa contro Meloni

L’esecutivo si è comportato seguendo l’orientamento della maggioranza, la magistratura interviene e riporta la situazione allo statu quo ante.

Tutto ciò avviene una, due, tre volte fra l’imbarazzo e la incomprensione di quanti non riescono a capire che cosa stia succedendo.

Semplicemente questo: due poteri dello Stato entrano in conflitto, non riescono a trovare un sia pur pallido accordo e si perde non solo tempo ma tanto danaro che finirà come sempre sulle spalle del contribuente.

L’informazione fa la sua parte: si schiera da una parte o dall’altra a seconda di chi è il puparo di questa situazione. Se dai retta ad una campana potresti convincerti che la ragione sta a destra, ma se poi senti il parere dell’opposizione puoi cambiare parere in un battito di ali.

Allora, la confusione aumenta a dismisura e il conflitto non accenna a diminuire. Ritorna l’interrogativo di fondo: a chi giova questo stato di cose?

C’è una unica risposta sacrosanta. Non sarebbe forse meglio finirla di litigare, sedersi attorno ad un tavolo e cercare di trovare un denominatore comune?

La vertenza è noto riguarda la riforma della giustizia ed in particolare la separazione delle carriere: Pm contro i giudici.

“Per rendere una maggiore equiparazione tra accusa e difesa”, sostiene il governo. “La verità è che vogliono sottometterci e toglierci quella terzietà che è propria della nostra professione”, replicano i pubblici ministeri.

Il divario non accenna a diminuire, una parte dei magistrati entra in sciopero (in sciopero, neanche fosse un esercito di metalmeccanici guidati da Maurizio Landini). Si arriva al punto che la platea dei giudici si alzi e non senta quel che ha da dire il ministro Nordio all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nel frattempo, l’esecutivo porta avanti il suo disegno di legge che viene approvato una prima volta dalla Camera.

Non si trova una via d’uscita anche se da qualche parte si cerca di placare gli animi e di convincere i protagonisti  ad avere un atteggiamento diverso.

Come il caso, ad esempio, del capo della procura di Padova, Antonio Racanelli, il quale ritiene che sarebbe necessario confrontarsi e trovare un non difficile punto d’incontro. Invece che irrigidirsi, si potrebbe andare alla ricerca di un tentativo di accordo che possa riportare la calma e ridare ai due poteri dello Stato quella connivenza necessaria degna di un Paese civile.

Al contrario, c’è chi getta benzina sul fuoco presentando un’altra denuncia che chiama in causa la premier, responsabile (sic) di favoreggiamento nei confronti del generale libico riportato in Patria dopo essere uscito di galera.

Quanto durerà ancora questa situazione? Rispondere ad un simile interrogativo  spetta a chi non ha capito che una guerra di questo tipo fa male non solo ai protagonisti, ma ai milioni di persone che vivono nel nostro Paese.

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Bruno Tucci