Giorgia Meloni annuncia di voler modificare la Bossi-Fini, la legge che regola i flussi di immigrati regolari in Italia. La legge è in vigore dal 2002: tutti dicono da tempo di volerla cambiare ma nessuno l’ha mai fatto realmente. La premier annuncia di volerla cambiare rispettando il “principio che ispirò la legge che ha regolamentato il fenomeno in questi anni, cioè consentire l’ingresso in Italia solo a chi è titolare di un contratto di lavoro“. La premier, che domani sarà in Albania dove sono in costruzione i famosi due centri italiani per i migranti, durante un’informativa al Cdm ha spiegato di aver individuato delle storture nei decreti flussi. Queste le sue parole: “Dopo la formazione del Governo abbiamo dovuto definire rapidamente i flussi di ingresso regolare in Italia“. Poi “abbiamo emanato il Dpcm che attua la programmazione per il triennio 2023-2025” e “costituito un tavolo tecnico per monitorarne l’applicazione. Ora da quel monitoraggio emergono dati allarmanti”.
“Da alcune regioni, su tutte la Campania – ha sottolineato -, abbiamo registrato un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari, durante il click day, totalmente sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro, siano essi singoli o imprese”. “Sui permessi per lavoro stagionale, cioè per lavoro in campo agricolo o turistico-alberghiero – ha proseguito Meloni -, nel 2023, su un totale di 282.000 domande, 157.000 arrivano dalla Campania, mentre 20.000 arrivano dalla Puglia. Solo che, per esempio nel settore agricolo, la Puglia ha circa il 12% delle imprese agricole italiane e la Campania solo il 6%. Dato ancora più preoccupante – ha aggiunto – è che a fronte del numero esorbitante di domande di nulla osta, solo una percentuale minima degli stranieri che hanno ottenuto il visto per ragioni di lavoro in base al “Decreto Flussi” ha poi effettivamente sottoscritto un contratto di lavoro. In Campania, meno del 3% di chi entra con un nulla osta sottoscrive poi un contratto di lavoro“.
“Uno scarto significativo tra il numero di ingressi in Italia per motivi di lavoro e i contratti di lavoro che vengono poi effettivamente stipulati – ha osservato – è però una caratteristica che accomuna, anche se con numeri meno spaventosi, molte regioni italiane. Dai dati quindi emerge che: 1. in alcuni territori il numero di richieste è enorme rispetto alla capacità di assorbimento del tessuto produttivo locale, e quindi balza facilmente agli occhi. 2. in quasi tutte le regioni italiane c’è uno scarto significativo tra chi entra per finalità di lavoro e chi effettivamente poi sottoscrive un contratto di lavoro”.
Quello che teme la premier e il Governo è che dietro queste richieste ci sia la mano della criminalità organizzata che sfrutta il decreto flussi per far entrare immigrati in Italia. Stranieri che, una volta entrati in Italia, non verrebbero assunti finendo per ingrossare le file degli irregolari. La leader di Fratelli d’Italia, a tal proposito ha annunciato che “stamattina mi sono recata dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Melillo per consegnare un esposto sui flussi di ingresso in Italia di lavoratori stranieri avvenuti negli ultimi anni avvalendosi del c.d. ‘Decreti Flussi”.
Per la Meloni, “i flussi regolari di immigrati per ragioni di lavoro vengano utilizzati come canale ulteriore di immigrazione irregolare”. E la cosa, a detta della titolare del Governo, proseguirebbe da molto tempo. “Mentre il Governo” sul tema dell’immigrazione illegale, “individuerà le necessarie soluzioni per il futuro, auspico che si faccia piena luce su quanto è avvenuto negli scorsi anni”. “Con il Gruppo tecnico di lavoro – ha spiegato ancora la premier – noi abbiamo fatto una ricognizione solo sui due decreti flussi varati da noi, ma è ragionevole ritenere che le stesse degenerazioni si trascinassero da anni e mi stupisce che nessuno se ne sia reso conto”. Queste le sue conclusioni: “Noi modificheremo i tratti operativi che hanno portato a queste storture, e lo faremo nel rispetto del principio che ispirò la legge Bossi Fini che ha regolamentato il fenomeno in questi anni, cioè consentire l’ingresso in Italia solo a chi è titolare di un contratto di lavoro”, ha concluso.