Se ritieni di essere stata una underdog, insomma una perdente, quello che più ardentemente desideri è diventare una top dog. È quello che sta accadendo a Giorgia Meloni.
Vuole fare la storia e non vuole fare prigionieri la Presidente del Consiglio che, dopo aver passato la gioventù tra la Garbatella e Colle Oppio, si ritrova ad essere la donna più potente d’Italia.
Certo è una bella soddisfazione essere ascoltati a Washington e Bruxelles da capi di Stato e diplomatici esprimendoti in un perfetto inglese.
È oramai una donna arrivata la Meloni, anche se di ritorno a Roma ogni tanto se lo dimentica, come quando indica come “infami” i suoi camerati che le hanno impedito il blitz che doveva portare alla nomina del suo consigliere giuridico alla Consulta, con il Quirinale il massimo organo di garanzia delle istituzioni repubblicane.
Francesco Saverio Marini, che la Meloni vuole alla Corte Costituzionale, e’ anche l’estensore della cosiddetta riforma del premierato, sulla quale, con molta probabilità l’Alta Corte dovrà esprimersi.
Non sono Conte o Schlein ad impensierirla, l’osso del collo lei rischia di romperselo se non verrà approvata la riforma costituzionale del premierato.
Il prof. Marini, figlio di Annibale Marini, già Presidente della Corte Costituzionale ed intellettuale d’area, dovrebbe subentrare a Silvana Sciarra che ha concluso il suo mandato un anno fa circa.
Ma la professoressa Sciarra non è l’unica a dover essere sostituita, visto che a dicembre ne scadranno addirittura altri tre, il Presidente Barbera e i vice Prosperetti e Modugno.
La composizione della Corte, con 11 giudici in carica su 15, rappresenta un pericolo per la sua stessa operatività, da qui l’esigenza da parte del Parlamento di nominare immediatamente dopo la scadenza naturale i sostituti dei giudici scaduti.
Quattro giudici dichiaratamente d’area sono tanti e soprattutto sono utili quando dovranno pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della riforma del premierato o dell’autonomia differenziata, la prima cara a Fratelli d’Italia, la seconda alla Lega.
Ha già dimostrato di volersi prendere tutto la Meloni. Anni e anni di opposizione hanno provocato in lei una bulimia di potere.
Ma la Corte Costituzionale non è la Rai o qualche ente locale in cui piazzare famigli e amici. Snaturarne la natura garantistica o alterare la sua terzietà rispetto al Governo e al Parlamento è assai pericoloso.
I regimi liberali si distinguono da quelli autoritari quando preservano i sistemi di controllo tra poteri dello Stato.
Una responsabilità che non può assumersi neanche chi ha smesso di definirsi orgogliosamente una underdog.
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