La ratifica del Mes non produrrebbe “nuovi o maggiori oneri”, non si intravede “un peggioramento del rischio” e anzi potrebbe portare a un miglioramento del rating dell’Italia.
Il parere del capo di gabinetto del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti “è tecnico”, dicono a più voci dal governo. Sono però decisamente politici gli effetti della lettera messa agli atti nella mattinata di ieri in commissione Esteri della Camera.
Considerazioni che mettono alla prova il muro sin qui opposto da Giorgia Meloni alla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità, e generano tensione nel centrodestra. Anche perché i più irremovibili sull’argomento sono nella Lega, il partito di Giorgetti. Salvini, contrarissimo, taglia corto: “Decide il Parlamento”.
Se Pd e Terzo Polo sottolineano le contraddizioni del governo, smentito da un suo stesso ministro pesante, M5S si asterrà e ribadisce la contrarietà allo strumento: chi vi accede, sostiene Conte, si attira da solo uno stigma sui mercati, insomma è controproducente (ciò che il parere tecninco del Tesoro esclude).
Tecnica contro politica, dunque. Anche perché sembra chiara la strategia di Palazzo Chigi e cioè usare questa leva su vari tavoli di trattativa, dal nuovo Patto di stabilità alle regole dell’Unione bancaria, passando per il Pnrr.
La riforma del Mes che deve essere ratificata dall’Italia risale al 2021 ed è stata varata a livello europeo quando era in carica il secondo governo Conte. Il suo obiettivo è quello di rappresentare una rete di sicurezza (backstop) per la garanzia dei depositi e contro le crisi bancarie. Una funzione centrale nel quadro della nascente Unione bancaria. E che dovrebbe diventare operativa dal primo gennaio 2024, quando decadranno gli accordi bilaterali che finora hanno svolto un ruolo analogo.
La nascita del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), noto anche come ‘fondo salva stati’, risale al 2012. Sulla scia del salvataggio della Grecia, i Paesi membri dell’Eurozona – per rispondere all’esigenza di avere uno strumento con cui aiutare i singoli Stati a contrastare gli effetti della crisi dei debiti sovrani – decisero di dare vita a uno strumento ‘ad hoc’.
Successivamente, con l’arrivo della pandemia, il suo mandato è stato ampliato inserendo la possibilità di concedere prestiti ai singoli Paesi per fare fronte alle spese legate all’emergenza sanitaria. Ma nessun ne ha mai fatto richiesta.
In precedenza invece Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna avevano chiesto e ottenuto prestiti per superare le loro difficoltà di bilancio sottoscrivendo programmi e impegni vincolanti in materia di riforme e risanamento dei conti pubblici. Il meccanismo è guidato da un Consiglio dei Governatori, composto dai ministri delle Finanze dell’area dell’euro. E assume all’unanimità le principali decisioni.
Ha un capitale sottoscritto di 704,8 miliardi, 80,5 miliardi già versati, con una capacità di prestito di 500 miliardi. L’Italia, terzo socio dopo Germania e Francia, ne ha sottoscritto il capitale per 125,1 miliardi e versandone oltre 14,3 miliardi.