Il nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che l’Italia non ha ratificato, nasce dal vecchio fondo salva-Stati.
Un fondo che l’Ue ha voluto riformare dopo il doloroso salvataggio della Grecia, per rimuoverne le componenti più criticate come l’infausto Memorandum che imponeva tagli e riforme lacrime e sangue in cambio degli aiuti.
Archiviata la stagione dell’austerity, l’Ue decise di dare nuovi compiti e poteri al fondo che, per rifarsi un’immagine, avrebbe potuto dare una mano ai Paesi anche prima di finire in crisi.
L’idea è stata quindi rafforzare e semplificare l’uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del salvataggio di un Paese, ovvero le linee di credito precauzionali: un Paese potrebbe chiederle qualora venisse colpito da uno shock economico e volesse evitare di finire sotto stress sui mercati.
La riforma elimina il contestatissimo Memorandum sostituendolo con una lettera d’intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità.
Un problema per i Paesi con deficit e debiti alti: per loro l’unica possibilità sarebbe una linea di credito “a condizionalità rafforzata”, ovvero che concede aiuti solo a fronte di correzioni dei conti.
La riforma affida al Mes anche un altro compito, pensato a tutela dei contribuenti: fornire un paracadute finanziario (backstop) al fondo salva-banche Srf (il fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse), qualora, in casi estremi, dovesse finire le risorse a disposizione per completare i ‘fallimenti ordinati’ delle banche in difficoltà.
Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi. E’ uno dei tasselli mancanti dell’Unione bancaria che tutti i governi italiani, dall’inizio della discussione sulla riforma nel 2018, avevano fortemente voluto.
Ma la polemica italiana sul nuovo Mes divampò a fine 2019 a causa della riforma delle ‘clausole di azione collettiva’ (Cacs) negli eventuali casi di ristrutturazione del debito sovrano di uno Stato membro.
In sostanza, con la riforma sarà più semplice ottenere l’ok della platea degli azionisti per approvare la ristrutturazione di un debito sovrano (allungamento delle scadenze, taglio del valore nominale) perché dalle attuali regole che richiedono una doppia maggioranza, si passerà a una maggioranza unica.
Per i critici, semplificare le regole per ristrutturare i debiti è una spinta implicita verso una ristrutturazione automatica qualora un Paese in difficoltà dovesse fare richiesta di assistenza al Mes.