“Gli artisti – dichiara il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Alessandro Morelli – dovrebbero salire sul palco, fare la loro bella esibizione e andarsene”. Per questo, a suo avviso, “sarebbe utile pensare a una sorta di Daspo per chi utilizza quel palco per fini diversi da quelli della musica. Un artista lì fa musica, non fa politica”.
Strana concezione della libertà d’espressione e di dubbia applicazione (chi nomina arbitro guardalinee e Var?). A meno che – come evidenzia perfida la deputata Ouidad Bakkali del Pd, componente della Vigilanza Rai – per Morelli i cantanti non siano “come i menestrelli di corte: possono cantare ma non hanno il diritto di esprimere opinioni”.
Una cultura politica che viene da lontano, attinge alle profondità ermeneutiche della curva, “Essere ultras, esserlo nella mente”, recita un celebre striscione degli Sconvolts. da Cagliari.
Dispiace che per questa proposta Morelli abbia ricevuto minacce e insulti, a lui e famiglia. La Lega gli offre tutta la solidarietà del caso: “Nessuno, per prima la Lega, è per qualsiasi forma di censura, ma la politica non può né deve entrare nell’intrattenimento”. Un po’ contorto, ma efficace. Non si applica ai trattori, né alle mucche Ercoline. Giusto a questo punto proporre anche un emendamento che sanzioni, per par condicio, i politici che cantano, perlomeno un cartellino giallo.
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