Museo Egizio Torino, Meloni/Tutankhamon rancorosa vendica la gaffe facendo imporre un egiziano contestato in Egitto. Lo aveva promesso, nel 2018, quando il direttore del Museo le fece notare che una cosa è parlare arabo e una cosa è essere musulmano. Minaccia di terremoto al Museo Egizio di Torino: Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, vorrebbe nominare presidente l’egiziano Zahi Hawass, capo di un movimento che vuole la restituzione all’Egitto dei pezzi di archeologia sparsi nel mondo, cominciando dalla stele di Rosetta. Come mettere Dracula al vertice dell’Avis, commenta Paolo Griseri sulla Stampa.
“Non si capisce. Non vogliamo credere, scrive Griseri, che il ministro voglia accontentare quella parte della destra che vorrebbe vendicare l’onta di Torino, il serrato faccia a faccia tra il direttore Christian Greco e l’allora militante di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni nel 2018 quando la futura presidente del consiglio confondeva chi parla arabo con i musulmani e si scagliava contro l’idea degli ingressi a prezzo scontato, per tre mesi, ai cittadini del Cairo.“Sarebbe il sommo della perfidia vendicarsi di quell’affronto mettendo un egiziano alla presidenza del museo.
Non vogliamo neanche immaginare che sia così e che addirittura il ministro abbia voluto introdurre una sorta di spoil system delle mummie, cambiando i vertici di una istituzione che funziona per pure ragioni di ripicca politica. Meglio immaginare che il napoletano Sangiuliano sia stato preso dalla sindrome De Laurentis, dal nome del presidente della squadra di calcio della sua città. Un morbo che spinge a rinnovare a qualsiasi costo e contro ogni evidenza. Un allenatore vince il campionato? Sostituiamolo”.
Quest’anno, aggiunge Griseri, il museo egizio di Torino, il secondo museo più importante del genere dopo quello del Cairo, celebrerà i suoi 200 anni. Lo farà nei prossimi mesi con un ciclo di iniziative preparate da tempo. Sarebbe dunque di buon senso rinviare ogni eventuale modifica dei vertici al 2025 (quando scadrà anche l’attuale consiglio di amministrazione).
Quale che sia la ragione, Sangiuliano avrebbe l’idea dirompere il tandem che guida il museo dal 2014, Evelina Christillin come presidente e manager, Christian Greco come direttore e riferimento scientifico. Una squadra vincente che ha portato il museo a sfiorare il milione di visitatori.
Pare che il prescelto da Sangiuliano a sostituire Christillin sia Zahi Hawass, 77anni,egittologo egiziano, già ministro delle antichità del suo Paese. Non un manager dunque ma un archeologo. C’è da chiedersi come potrebbe convivere con l’attuale direttore scientifico Christian Greco, archeologo anche lui. Così con una sola mossa il museo in cima alle classifiche mondiali sarebbe semplicemente decapitato. Ulteriore beffa sarebbe il fatto che Hawass è a capo di un movimento che rivendica il ritorno al Cairo di importanti reperti egizi disseminati nelle capitali occidentali come, ad esempio, la Stele di Rosetta, oggi al British Museum. Posizione che si può discutere e forse addirittura apprezzare ma difficilmente compatibile con la guida del museo torinese.
La nomina del presidente spetta al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che potrebbe approfittare della scadenza dell’attuale presidente per esercitare il suo diritto di scelta. Subito però sorge il primo problema, avverte Francesco Rigatelli, sempre sulla Stampa di Torino.
La scadenza della presidente è giuridicamente discutibile, perché il suo terzo mandato finirebbe a novembre 2024 ma quello del consiglio di amministrazione a settembre 2025. Christillin rimarrebbe volentieri a lavorare con il direttore Christian Greco anche oltre, ma spera di concludere almeno il suo mandato l’anno prossimo al pari del consiglio. Non tanto come dicono i maligni per l’attaccamento alla poltrona, anche perché svolge il suo incarico gratuitamente, quanto per completare la ristrutturazione del museo per il Bicentenario.
Il nome di Zahi Hawass, spiega Rigatelli, suscita tra gli esperti più di un interrogativo. Intanto ha ricevuto più volte critiche nello stesso Egitto per la sua gestione ritenuta autocratica dei reperti. Il Faraone, così viene chiamato, ha poi il gusto di frequenti apparizioni pubbliche con tanto di cappello da Indiana Jones e presenta nel curriculum oltre a molti onori anche qualche indagine per corruzione e spreco di denaro pubblico. Fu perfino costretto alle dimissioni da ministro rischiando il linciaggio della folla.
Così in molti si chiedono se questo signore di 77 anni sia davvero il candidato ideale.
Si porrebbe anche un tema di divisione dei compiti con Greco, il cui secondo mandato scade a fine maggio 2025. Il direttore vorrebbe rimanere fino alla pensione per continuare il lavoro che è sempre stato il suo sogno e di Torino è diventato ormai un simbolo di eccellenza. Due egittologi al vertice però sembrano troppi.
Il tandem attuale funziona perché Greco studia, ricerca e organizza e Christillin risolve ogni problema burocratico, amministrativo e finanziario.
Ecco perché la maledizione di Tutankhamon sembra riprendere corpo in questi giorni, e non solo perché Hawass ne ha ricostruito la genealogia, analizzandone la mummia e avvalorando l’ipotesi della morte accidentale del sovrano. C’è un’altra questione che gli esperti temono riguardo a questa possibile scelta. Hawass è uno dei grandi sostenitori della restituzione dei reperti antichi ai Paesi di origine.
Di questi giorni è la sua campagna sulla Stele di Rosetta, custodita al British Museum di Londra, per cui avrebbe raccolto migliaia di firme. Richiesta che potrebbe avvenire per altri reperti. Anche se il Museo Egizio in teoria non avrebbe molto da temere, poiché non ha ad ora istanze di restituzione in corso e la sua collezione è stata in gran parte acquistata dai Savoia attraverso l’esploratore Bernardino Drovetti oproviene da missioni italiane in accordo con l’Egitto come quella di Ernesto Schiapparelli. Il Tempio di Ellesija è stato addirittura un regalo in cambio dell’aiuto nella costruzione della Diga di Assuan.