A Palermo si sta imponendo un nuovo paradosso, come quello di Zenone, il paradosso Orlando, nel senso di Totò Orlando, assessore ai lavori pubblici della più diruta e sdrucita città d’Italia.
Il paradosso di Zenone, quello di Achille e la tartaruga, mostrava, con la forza della logica, l’impossibilità del moto e del pluralismo. A Palermo per un gioco incrociato, che cerca di nascondere alcune crisi del centrodestra siciliano, a causa di alcune roboanti dichiarazioni di Davide Faraone, coordinatore di Italia Viva in Sicilia, si vuole di rimbalzo togliere dalla giunta di Palermo l’assessore che forse ha lavorato di più in questa consiliatura, proprio l’assessore Orlando.
Chi ha tolto l’inverecondia di mille bare accatastate non sepolte da anni? Chi ha risolto la strettoia del Ponte Corleone, che faceva andare all’inferno per le bestemmie almeno la metà dei palermitani?
Chi corre a rattoppare con pochi soldi e pochi strumenti amministrativi, le migliaia di buche lasciate dal suo omonimo delabré Leoluca Orlando? Chi ha sistemato l’osceno marciapiede della più iconica via della città, via Libertà, che offendeva la memoria di un Presidente ucciso, Piersanti Mattarella, e l’incolumità fisica di un Presidente della Repubblica in carica?
La risposta è semplice Totò Orlando, una persona senza visioni e voli pindarici, come il precedente Sindaco, che non dichiara, sta in ufficio con culo di pietra, e se esce è per andarsi a discutere, cantiere per cantiere, operaio per operaio, le piccole manutenzioni che servono a diminuire gli innumerevoli incidenti stradali, a non fare cadere per strada gli anziani, non fare imprecare gli automobilisti.
È un uomo che viene da lontano, silente pubblicamente, non si fa selfie, e tende a non tagliare nastri immaginifici. Orlando Salvatore, detto Totò, non comunica, lavora. In qualunque posto il merito qualcosa vale, ma nel paradosso Orlando, o forse solo la maledizione del cognome, il merito non serve.
Palermo ha premiato sindaci e politici. con messe di voti, che alla città non hanno dato nulla, perché la cultura del lavoro, del merito, presente in tante città italiane, da Bologna a Milano, da Torino a Bari, a Napoli, ricordatevi Bassolino, a Palermo si ferma, in una città indolente e pigra che si infastidisce se qualcuno invece fa.
Chi crede di essere, perché non ci lascia nel nostro scivoloso oblìo, così ci possiamo lamentare meglio. Orlando deve non lavorare più, come non deve farlo il decaduto per scadenza Sovrintendente Marco Betta al Teatro Massimo, sono colpevoli di merito, hanno lavorato bene, ed in questa città è una colpa che offende gli Dei palermitani. L’Ozio e L’Ignavia.