Pnrr, il sistema Italia (società civile, gente, opinione pubblica, partiti, sindacati, associazioni di categoria, pubblica amministrazione, governo centrale e locali, istituzioni varie) si mostra in grado di capire che ci sono 191 miliardi (oltre ad altri 200 e passa di fondi europei) da prendere entro il 2026. Farci cosa e farci davvero qualcosa con quei miliardi lo stesso sistema Italia lo considera un gravoso e quasi fastidioso compito a casa. Accidia e ignavia, se mai potessero essere attribuite ad una struttura sociale, ad una comunità, sono i sentimenti e gli atteggiamenti che si trovano al fondo dell’umore nazionale rispetto al Pnrr. Da dove vengono il fastidio, l’incombenza, l’affanno stizzoso? Abbiamo sviluppato professionalità e cultura nella distribuzione di soldi pubblici, la politica e l’amministrazione, lo stesso governare in Italia sono allocare, spartire soldi pubblici. La spartizione tra gruppi sociali e territoriali è la nostra cifra, spartire lo sappiamo fare. Figurarsi se non vogliamo spartirci anche queste centinaia di miliardi. Ma farci cose con queste centinaia di miliardi, cose che non siano un poì a me un po’ a te, questo non ne abbiamo cultura, voglia, abitudine, capacità. Ci mancano le basi, le abbiamo collettivamente e allegramente segate.
“Sono scomparsi il gusto dell’approfondimento , il senso della fatica…i libri più venduti sono agghiaccianti…c’è il totale rifiuto della complessità…tutto questo si vede in maniera drammatica nel balletto intorno al Pnrr…Non ci sono gli uomini, non ci sono le competenze…”. Ernesto Ferrero per 18 anni è stato direttore del salone del Libro di Torino, perché in questa sua disamina della profonda crisi culturale italiana arriva al Pnrr? Che c’entra il Pnrr con la cultura? La risposta è appunto drammatica, non nascosta eppure indicibile: non abbiamo né le persone né le competenze necessarie, indispensabili a modernizzare il paese con quei soldi. Abbiamo invece le persone, la cultura, le “competenze” per spartirceli tra categorie, territori, lobby varie.
Al momento siamo in ritardo rispetto ad obiettivi del Pnrr sulle stazioni ad idrogeno, sugli Intercity al Sud, sulle colonnine elettriche in autostrada e in città, sugli appalti per gli asili nido e perfino sugli studi di Cinecittà (relazione ufficiale del governo al Parlamento). Però siamo stati “furbetti” e abbiamo, ad esempio, messo in conto al Pnrr non il cambio di caldaie non a gas con caldaie a gas (per consumare meno energia) ma il cambio di caldaie a gas con caldaie a gas in nome dello me la rifaccio nuova, tanto paga lo Stato. Una “furbettata” da 15 miliardi, in piena coerenza con la cultura del 110 per cento. Ha detto il ministro Fitto al Parlamento di “carenza risorse umane e disallineamento competenze“. Disallineamento, cioè? Fuori linea, divergenza tra le competenze necessarie e le competenze presenti nella società. Alla cultura dell’astuzia e alla insufficienza di personale competente il sistema Italia aggiunge: nel settore delle costruzioni il 96 per cento delle imprese hanno meno di 10 dipendenti (almeno in chiaro, al netto del lavoro nero), con basso livello di istruzione e produttività. Aggiunge ancora il troppi, troppissimi galli (e anche pulcini) a cantare: Comuni, Regioni, Province, Città Metropolitane, Società Concessionari, Università, Enti di Ricerca, Provveditorati…tutti a partecipare, concorrere, spartire: su 152 progetti di spesa con i soldi del Pnrr 76 mila sono sotto i 70 mila euro e solo circa tremila sopra i 5 mln. E’ il trionfo dello un po’ per uno…
Ma con la cultura dello un po’ per uno, guarda caso, il governo fa sapere che entro il 2026 non si riuscirà a fare e spendere poco o nulla per il rischio idrogeologico, per le fognature, per il 5G…Per le infrastrutture che innervano un sistema socio economico non ce la facciamo, non siamo adeguati. Per spartirci un po’ per uno i miliardi del Pnrr siamo culturalmente e organizzativamente attrezzati. Di qui l’accidia e l’ignavia, il senso di fastidio per l’obbligo (il Pnrr è un contratto: io ti finanzio, tu fai cose, io controllo, quindi pago). E non è questione di governo della Destra o della Sinistra. Sono 30/40 anni che ci siamo auto allevati così: quando si tratta di soldi pubblici grande inventiva e professionalità nel mettere in tasca e cassa, minima voglia e capacità di mettere, come si dice, a terra.
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