La salute degli italiani è al bivio: o si rilancia il Servizio nazionale o c’è il modello Usa. Ma non tutti possono permettersi il privato. Troppe famiglie perdono le cure. Il governo deve intervenire. Le famiglie che dichiarano di non avere soldi in alcuni periodi dell’anno per spese relative alle malattie sono sempre di più, al sud addirittura l’8% (dati Istat). Ma le famiglie che hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie sono sempre di più. In Sardegna addirittura il 12,3%, in Piemonte il 9,6%. Le due regioni che stanno meglio di tutte (sulla carta) sono la Campania e la Provincia Autonoma di Bolzano: entrambe con il 4,6%.
Che la crisi della sanità italiana sia certificata lo documenta Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe. Una fondazione che non ha fini di lucro ma solo lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche. Cartabellotta, responsabile scientifico della Gimbe, medico chirurgo palermitano, lancia l’allarme: “L’incremento della spesa sanitaria diretta delle famiglie deve indurre il governo a prendere una decisione: rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale sempre più in affanno a causa di 15 anni di tagli indiscriminati”. È il caso di ricordare che l’Italia spende per la salute il 6,6% del Pil, dunque siamo sotto dello 0,5% alla media Ocse e a quella dell’Unione europea. L’alternativa è il modello Usa, oggi praticamente improponibile, dato che il 16,7% delle famiglie ha scelto di rinunciare ad alcune prestazioni. Crescono anche gli indigenti che oggi rappresentano 2,1 milioni di persone. Aggiunge Cartabellotta:” Parliamo dei soggetti ai quali la Repubblica, a norma dell’art. 32 comma 1 della Costituzione dovrebbe garantire cure gratuite. Ma con quali soldi? “.
Sos dai territori. Le regioni hanno più volte protestato contro i tagli alla Sanità e hanno annunciato che ricorreranno anche alla Corte Costituzionale. L’ultimo appello, dopo la richiesta di 14 scienziati – tra cui il nobel Giorgio Parisi e il farmacologo Silvio Garattini – lo ha lanciato il presidente della Conferenza delle regioni Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia-Giulia. Tra le altre cose, le regioni chiedono l’abrogazione del titolo 1 comma 13 del dl Pnrr che taglia 1,2 miliardi alle regioni relativi soprattutto a opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere, o un impegno formale per la reintegrazione dei fondi. Il sistema è malato.