Scandalo dei dossier. Tutti d’accordo, maggioranza e Pd: serve estrema chiarezza. Ma finirà in una bolla di sapone…

Scandalo dossier: se tutto va bene finirà “in una bolla di sapone”, come profetizza Paolo Mieli. Non sarebbe la prima volta. È stato così con la P2 sciolta nel 1982 (ha pagato solo Licio Gelli, il “Maestro venerabile”); nel 2015 il faccendiere ha tolto il disturbo e buona notte ai suonatori. È stato così con il cosiddetto “Sistema Palamara”, il mediatore tra le correnti della Magistratura; dopo 25 anni con la toga, Palomara è stato rimosso dall’ordine giudiziario e tutto è finito in cavalleria. E che dire della “ Loggia Ungheria”, la fantomatica associazione segreta composta da magistrati, politici, generali delle forze armate, imprenditori, varia umanità. Il GIP di Perugia ha archiviato l’inchiesta. Non è mai esistita. Insomma una patacca. In tutte queste vicende il giornalismo ha giocato un ruolo fondamentale. Ma come ha detto martedì il presidente Mattarella: la libertà di stampa è sacra. D’accordo.

La condanna della destra e del Pd

Meloni ha tuonato (“fuori i mandanti”); Elly Schlein ha chiesto di fare luce. Sullo scandalo delle spiate entrambe hanno parlato di un caso gravissimo. Maggioranza e opposizione sono per una volta d’accordo. Il presunto dossieraggio a strascico è un attacco alla democrazia e ora qualcuno deve dare delle spiegazioni. Ma la vicenda degli accessi abusivi alle banche dati con centinaia di personaggi spiati infiamma un dibattito rovente. Per ora. L’inchiesta che vede indagate 15 persone e che ha svelato le ricerche illegittime su 800 nomi finirà come con la Loggia Ungheria. L’unico rinviato a giudizio e condannato in primo grado per rivelazioni di segreto è stato Pier Camillo Davigo che aveva ricevuto e rivelato il contenuto di certi verbali a membri del CSM e non solo. Ora tutti chiedono di vigilare sui meccanismo della democrazia. Ha detto Elly Schlein: “Uno scandalo è una cosa di gravità inaudita. Bisogna fare estrema chiarezza”. Pronto un calendario bipartisan delle audizioni. Staremo a vedere.

Una vicenda tutta da decifrare

La politica è in rivolta contro spie e dossier. Una vicenda cominciata durante il mandato di capo della delegazione nazionale Antimafia del procuratore Franco Roberti che ha messo le basi per accentrare su di sè e in esclusiva il controllo delle Sos, le segnalazioni di operazioni bancarie sospette di qualsiasi cittadino italiano. Il suo successore De Raho ha portato a termine la missione contro il parere dei più importanti procuratori italiani. Morale: Roberti è un europarlamentare del Pd, De Raho è un deputato 5 Stelle. Ovviamente sono coincidenze ma la libertà di informazione c’entra poco o nulla. Speriamo che il Parlamento chiarisca. Ora è urgente una operazione trasparenza. È bene che la magistratura indaghi e spieghi per filo e per segno cosa e perché è successo nella torbida vicenda innescata da un ufficiale della finanza con la copertura di un magistrato dell’antimafia. Uno spionaggio massiccio e preventivo di inaudito spessore.

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Filippo Limoncelli