E’ ora di cambiare: questo è l’imperativo categorico della scuola alla vigilia del nuovo anno.
Essere più severi? No, più civili. Più esigenti? No, solo più educati, preparazione a parte. (Ma se uno legge o rilegge Gianburrasca, di Vamba,che è del 1907, qualche dubbio se lo pone).
Forse il disegno di legge approvato dal Parlamento nello scorso mese di aprile, potrebbe rappresentare la svolta di cui si sente il bisogno.
Non solo dei docenti, del personale amministrativo, ma anche della maggior parte di quelle famiglie che si meravigliano difronte a certi atteggianti e a determinate decisioni.
Scuola e casa debbono camminare insieme se si vuole il bene dei nostri ragazzi, se vogliamo che un domani possano rappresentare il futuro degno di una vera società.
E’ inutile ripetere che dinanzi a certi comportamenti c’è da rimanere sbalorditi. Non solo per noi che abbiamo i capelli bianchi e ricordiamo il passato, ma anche per tutti coloro che amano la scuola e vogliono rivederla come quella che era anni fa.
E’ chiaro che parliamo di aggressioni in classe: non fra studenti che già dovrebbe far inorridire i nostalgici, ma anche nei confronti di insegnanti che redarguiscono e rimproverano in maniera seria coloro che ritengono di superare l’anno non avendo mai aperto un libro.
Non sono pochi gli episodi che la cronaca ha dovuto riportare: ragazzi ormai fuori dall’adolescenza che insultavano e magari alzavano le mani nei confronti di un professore che si era “permesso” di dare un bel tre a chi era stato interrogato. Il voto sul registro, naturalmente la denuncia di quanto accaduto al preside dell’istituto. Succedeva (e speriamo che non succeda più) che il giovanetto ritornando a casa raccontava ai genitori una versione completamente diversa, insomma era lui che aveva dovuto subire un sopruso.
Reazione immediata di padre e madre che pur meravigliandosi del fatto continuavano a dar ragione al figlio vittima di una ingiustizia.
Non c’è da credere, eppure ne sono avvenuti tante altre di queste scene. Bisognava correre ai ripari: il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, presentava immediamente un disegno di legge che il Parlamento discuteva ed approvava alla fine della primavera. Sarà dunque questo l’anno della verità, cioè se quanto studiato dalla Camera e dal Senato avrà i suoi effetti. I quali non sono di poco conto, anche se qualcosa in più la si poteva aggiungere in fatto di educazione.
L’aggressione, quindi, sarà punita con una multa che va dalle 500 alle diecimila euro. Se ripeterà le sue bravate lo studente sarà sospeso e potrebbe perdere l’anno se non cambierà atteggiamento.
E’ a questo punto che famiglia e scuola dovrebbero andare di pari passo. Non separarsi e avere pareri diversi.
Se il giovane non si è comportato in maniera corretta fino ad aggredire un docente, il preside o un impiegato amministrativo dovrà essere punito quando torna a casa ed averchiarito l’episodio.
Una volta noi vecchiper una scappatella, o per non essereandati a scuola firmando una falsa giusticazione rimanevamo chiusi a studiare per molte ore oppure potevamo dimenticare una partita a pallone o un allenamento con la propria squadra.
Non si era più severi, soltanto ragionevolmente più rigorosi per il deprecabile episodio di cui ci si era resi protagonisti.
Se questa “corrispondenza di amorosi sensi” non si stabilirà fra gli educatori di famiglia e quelli scolastici non si raggiungeranno mai quei risultati che molti vorrebbero.
Una multa di poche centinaia di euro non sono niente per un ragazzo (e per giunta una famiglia) che ha dimenticato di insegnare l’educazione al proprio figlio. Dovrà essere la scuola a supplire.
Come? In maniera rigorosa, sospendendo anche per un lungo periodo il responsabile e magari allontanandolo dai banchi di scuola finché non comprenda che cosa è lo studio. Ma sopratutto l’educazione seguita dalla violenza.