Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha detto – parlando della scuola pubblica alla piattaforma di dialogo promossa da PwC e gruppo Gedi “Italia 2023: persone, lavoro, impresa – che “chi vive e lavora in una regione d’Italia in cui più alto è il costo della vita potrebbe guadagnare di più”. Tradotto: un professore del Nord dovrebbe guadagnare di più rispetto a un professore del Sud. Giusto? Sbagliato?
Cosa dicono i presidi
I presidi, o meglio, l’associazione dei presidi italiani sembra d’accordo.
Aumentare gli stipendi al personale scolastico che vive al nord “è una misura abbastanza sensata”: a dirlo all’agenzia Ansa, riprendendo le parole del ministro Valditara, è Mario Rusconi, a capo dei presidi di Anp di Roma. Quanto all’ingresso dei privati nella scuola, “già questo avviene, soprattutto alle superiori e alle tecniche professionali. Bisogna vedere le condizioni in cui il privato entra, ma le scuole hanno bisogno di fondi, le risorse a disposizione degli enti locali non sono molte. E le scuole dovrebbero avere lo statuto di Fondazioni per avere celerità nello svolgimento dei lavori e risparmio nei costi”.
Cosa dice il sindacato
I presidi sono d’accordo. La Flc, sigla che sta per Federazioni Lavoratori della Conoscenza, Cgil no.
“L’idea di introdurre salari differenziati per Regione in base al costo della vita – dice il segretario Flc Cgil, Francesco Sinopoli sempre all’agenzia Ansa – è totalmente strampalata, ci riporta indietro di 50 anni, alle gabbie salariali; semmai c’è un problema che riguarda tutto il personale della scuola: il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara dovrebbe far finanziare il contratto collettivo che ora vede zero risorse. Il combinato disposto tra ingresso dei privati e disarticolazione del sistema contrattuale è la distruzione della scuola pubblica, è la cosa peggiore che si può fare. Siamo pronti a mettere in campo ogni mobilitazione se questa sarà confermata come proposta”.