Dove vuole andare a parare Antonio Tajani? Forse nemmeno lui lo sa sospeso tra Scilla e Cariddi.
Da una parte c’e l’alleanza di governo che non può abbandonare (rischierebbe il suo doppio incarico di vice premier e ministro degli Interni), dall’altro l’atteggiamento dei due figli di Silvio Berlusconi che menano botte da orbi contro la premier.
Cosicchè anche lui diventa ondivago e fa tremare l’esecutivo. Ecco perché un giorno si comporta in un modo, l’indomani in un altro.
Prendiamo ad esempio lo ius scholae, cioè il diritto dei figli degli stranieri residenti in Italia di prendere la cittadinanza dopo un numero di anni passato nelle nostre scuole.
Tajani cambia idea sullo jus scholae
Improvvisamente, quando ancora era estate, Tajani lancia il suo proclama che mette in crisi Giorgia e l’intero esecutivo. Ne fa una battaglia di civiltà.
“Non possiamo ignorare un problema del genere”, sostiene. “rischieremo l’oscurantismo”, aggiunge. Matteo Salvini (il ministro imputato che i pubblici ministeri di Palermo vorrebbero andasse in galera per sei anni)insorge. “Non è nel programma di governo”, risponde. Insomma, il divario è pericoloso, si è ad un bivio che non sarà facile superare.
Insomma, il divario è pericoloso, si è ad un bivio che non sarà facile superare. L’opposizione ne vuole approfittare subito e presenta alla Camera un disegno di legge che potrebbe essere approvato assestando un colpo da KO al governo. Elly Schlein e la minoranza sono certi di tagliare questo traguardo.
Invece, Tajani che cosa fa? Vota con la maggioranza e il sogno della sinistra va in fumo. La segretaria del Pd trasecola, ma la realtà è questa.
No alla tassa sulle banche
Si va avanti tra mille ostacoli e Tajani torna ancora una volta ad essere contrario ad una tassa sui profitti delle banche. Sacrosanto, pensano in molti.
Ma il numero uno di Forza Italia non è d’accordo. Come mai? La risposta è semplice. Verrebbe colpita anche Mediolanum che è un istituto di credito vicinissimo alla famiglia Berlusconi.
Tutto da rifare, dunque, anche se questo è un segnale di quanto Mediaset e proseliti non siano del tutto in sintonia con il presidente del Consiglio e la sua politica.
Prima è Marina ad intervenire sui diritti civili molto cari alla sinistra; poi è la volta di Piersilvio il quale ritiene che il “suo” partito deve cambiare rotta. Una Forza Italia più moderata, ancora più vicina al centro.
Possibile? Lo è, tanto più che non sono pochi coloro i quali desiderano tornare ad una nuova Dc.
Gli stessi Renzi e Calenda lo vorrebbero dimenticando il flop che essi stessi avevano prodotto.
Insieme con loro una parte dei dem contrari all’attuale assetto del Pd e, attenzione, ad una non piccola strategica informazione che scrive spesso che lo “spazio” c’è, sarebbe sufficiente placare le polemiche e presentare un programma a cui molti italiani aderirebbero.
Marina Berlusconi invita a pranzo nella sua casa di Milano Mario Draghi. Perchè? Non vuole essere anche questo un segnale di un ritorno all’antico con l’ex presidente del consiglio e la stessa Marina in corsa per ottenere un insperato successo?
E’ chiaro che a questo punto Antonio Tajani tentenna, non sa che strada prendere ed ecco il motivo per il quale “va là dove lo porta il vento”, un vecchio adagio caro ai marinai di una volta.
Per alcuni giorni resta buono, non va oltre l’ostacolo, poi riprende il discorso sullo ius scholae. Insomma, è un’altalena che innervosisce Giorgia, già su di giri per il fatto di non essere stata invitata all’incontro con Mario Draghi. Chi se non lei doveva essere presente a quel pranzo o cena che sia?
Francamente non è un periodo felice per la premier. La stampa di sinistra continua a scrivere che il suo governo è inadeguato, alcuni talk show insistono sul caso Boccia-Sangiuliano solo per attaccare la Meloni, altri sostengono che anche una buona parte degli imprenditori è contro questo esecutivo “incapace”.
Al punto in cui siamo Giorgia ha solo un’autostrada da percorrere: chiamare i suoi due vice e dire loro a brutto muso: dove vogliamo andare? Ricordandogli, però, che una crisi travologerebbe soprattutto loro, costretti a scendere da quelle poltrone di comando in cui siedono.
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