Tasse alla Meloni, made in governo Destra-Destra il fisco che dovrebbe venire è qualcosa a mezzo, nella terra di mezzo, tra un progetto di legge di riforma concreto, un’idea su cui scommettere e un’ideologia ammaliante ma sostanzialmente priva di riscontri in usi e costumi consolidati del cittadino-contribuente italiano. Tasse alle Meloni saranno, se saranno, dal 2024 al 2028. Per ora una legge delega, cioè intenzioni manifeste di riforma e direzione legislativa approvata.
Ma quali aliquote Irpef, quali deduzioni e detrazioni fiscali, quale eventuale flat tax per lavoratori dipendenti, quale livelli di patteggiamento preventivo sul da pagare sono appunti delegati ad una legge ancora da scrivere. Due anni di tempo per farlo. Quindi le tasse alla Meloni saranno, se saranno, cosa compiuta tra cinque anni, il tempo che il governo Meloni assegna a se stesso.
Le aliquote Irpef: da quattro a tre. Il taglio gratis
Non proprio come Giuseppe Conte che ha inventato la “gratuieconomy” (redditi, bonus, posti lavoro, riconversione energetica tutto “gratuitamente!” e il punto esclamativo ce lo mette lui in ulteriore omaggio) ma anche la riforma fiscale del governo di Destra-Destra è rispettosa del primo comandamento elettorale della politica italiana. Eccolo: garantire, giurare, assicurare che ogni cambiamento-riforma-spesa sarà gratis. Tagliare le aliquote da quattro a tre (sostanzialmente portando fino a 28 mila euro di reddito quella del 23 per cento) fa risparmiare (farebbe) un po’ di Irpef al contribuente (circa 260 euro su base annua) ma ovviamente comporta minor gettito.
L’ovviamente la politica italiana e in particolare i partiti della Destra-Destra l’espungono invece dalla realtà. O meglio, lo sfumano, elidono, eludono. Tre aliquote Irpef invece di quattro (nello schema suddetto) costano circa 4 miliardi di gettito in meno l’anno. Chi li paga? Risposta nella legge delega c’è ma vaga, molto vaga. Quei miliardi si prendono dalle facilitazioni e sconti fiscali vigenti. Circa 260 eccezioni, circa 260 sconti fiscali a settori, categorie, attività. Totale circa 150 miliardi. E che ci vuole a prenderne quattro? Ci vuole il nome e cognome, il dove e a chi togliere quei quattro miliardi di sconto fiscali. E il chi e il dove ovviamente non ci sono.
Meno tasse ma gratis
Il finanziamento indolore del meno tasse per tutti non riguarda solo il primo passo (aliquote Irpef da 4 a 3) tutto sommato non così imponente e impegnativo. Riguarda tutta la visione che il governo di Destra-Destra ha del fisco e delle tasse. Una tassa piatta per tutti e complessivamente più bassa delle tasse oggi imposte (e per nulla da tutti pagate) è l’orizzonte, l’obiettivo, la meta. Se raggiunta comporterebbe pesante calo di gettito. Ma ecco l’idea-scommessa e l’ammaliante ideologia che la sostiene: se abbassi le tasse i contribuenti, la gente, rilassati e non stressati dal fisco, di tasse ne pagano di più. Non c’è riscontro nella realtà dei comportamenti e, ancor di più, la scommessa salta di brutto la realtà. La realtà è che l’Irpef la pagano quasi tutta da sola lavoratori dipendenti e pensionati, la realtà è che la mappa fiscale della società basata sulle dichiarazioni dei redditi è falsa e quindi a consultarla e seguirla si va sempre per l via storta e ingiusta. La realtà è che se il non pagare, l’evadere facile e strutturale è ad aliquota zero anche una flat tax a 15 per cento o a 10 per cento sembrerà sempre troppo rispetto a zero.
Il pilastro del pagare spontaneo
L’idea-scommessa e la malia dell’ideologia si palesano appieno nel contrasto all’evasione fiscale made in tasse Meloni: il contribuente si mette d’accordo con il fisco prima, prima di pagare. Una sorta di patteggiamento che, concluso, mette il contribuente al riparo da verifiche e accertamenti. Una versione un po’ più raffinata ed elaborata del pochi, maledetti e subito. Versione raffinata, elaborata, complessa ma alla fine e al fondo quello è: pochi, maledetti e subito. Da cui dovrebbe scaturire il pagare spontaneo, pagare spontaneo che dovrebbe fluire come fiume di maggior portata rispetto al pagare coatto.
Tutto si regge, culturalmente molto prima che economicamente, sull’assioma per cui il cittadino contribuente italiano dalle tasse è vessato oltre misura. Vessazione orizzontale e a danno di tutti. Segue corollario: liberare dalla vessazione libera fedeltà fiscale. Con quasi la metà dei contribuenti che dichiari redditi annui inferiori ai 20 mila euro lordi l’anno? Con la percentuale di Iva evasa record in Europa? Con stime di evasione annua tra i 120 e i 150 miliardi? Sarà…
Da pochi, maledetti e subito al niente oggi, domani chissà
Dove poi l’ideologia ammaliante si fa maliziosa è nell’ipotesi (probabilmente tale resterà altrimenti Agenzia delle Entrate può chiudere bottega) di dare cittadinanza fiscale all’evasione di…necessità. Non ho pagato le tasse perché non ce la facevo, l’azienda non è andata quest’anno, ho pagato prima i dipendenti oppure il prestito in banca…Ecco, ve lo dimostro. E in questi casi il Fisco comprende, accetta e non sanziona. Una norma così e dal pochi, maledetti e subito il passo che porterebbe al niente, poi magari ne riparliamo l’anno prossimo ma non è detto sarebbe brevissimo se non automatico.
Sindacati e sinistra, alla parola ridurre si accappona la pelle
Tasse alla Meloni (da venire) sono un progetto limitato nella sua concretezza dal fatto, nascosto e negato, che di risorse non ce n’è. Tasse alla Meloni sono un’idea della società e dei rapporti tra individuo-collettività ed economia dove il gratis per tutti (spesa pubblica) si coniuga con la partenogenesi del gettito fiscale, in somma il meno con il gratis. Tasse alla Meloni sono un habitat socio-economico e politico abitato da una specie di contribuenti-cittadini che attestano il vero in termini di dichiarazione dei redditi, non vedono l’ora di concordare col fisco credibile congruo forfait di imposte da pagare e mai e poi mai, se non pagano, lo fanno per scelta, calcolo e convenienza ma solo per…necessità. E a sinistra, e i sindacati che dicono delle tasse alla Meloni? Dicono poco, sopraffatti e pervasi da brividi. Alla parola ridurre vien loro un tradizionale brivido appunto di rigetto, anzi una vera e propria reazione di rigetto. Di più, una specie di reazione, choc anafilattico. Ridurre le tasse è per Landini e Schlein il massimo dell’ingiustizia sociale. Garantiscono entrambi che simili piani “no pasaran”.