Toti, la terza vita. E’ uscito dagli arresti domiciliari come una star esce da un momento di oblio del suo pubblico o come un grande atleta da un infortunio che lo ha tolto dal campo per qualche mese.
Grande sorriso sul cancello della sua villa-prigione verso i giornalisti, affabulati, come se niente fosse e come prima nella sua narrazione inequivocabile, passata da presidente a imputato di corruzione, finanziamento illecito di partiti politici e connivenza con associazioni mafiose.
Grande sorriso e poi, ovviamente, conferenza stampa in perfetto stile Toti per tutti e prima ancora interviste trasbordanti e magniloquenti, in primis al “Corriere della Sera”, poi alla televisione regionale del suo cuore e del suo portafoglio “Primocanale”, il leader della Liguria, arrestato il 7 maggio e “liberato” dai domiciliari 86 giorni dopo , ha cercato di essere il Toti di sempre.
E’ finito il totismo, quel modo di governare la Liguria e condurre la politica in giro per l’Italia, inventato e applicato da questo cinquantacinquenne giornalista, creato da Mediaset e da Berlusconi in persona e poi diventato quel che è grazie alle sue capacità?
Capacità sovrumana di comunicare, dialogare, rispondere, muoversi sul terreno della regione conquistata a sorpresa nove anni fa contro ogni previsione, sopratutto la sua di eurodeputato e delfino del Cavaliere.
Capacità di sfruttare il progressivo crollo delle “roccaforti rosse liguri” da Genova, a Savona, a Spezia, a Sarzana, evento politicamente epocale, da lui favorito insieme al lavorio di anni di Edoardo Rixi, il “ragazzo” leghista che lo vide arrivare in Liguria e gli cedete la candidatura vincente. Contro una sinistra che si lacerava con strappi continui, da Burlando, alla bella Raffaella Paita al mitico Sergio Cofferati, un concentrato di cataclismi genovesi e liguri della sinistra.
Capacità di inventarsi un percorso politico nel quale si è affiancato un piccolo esercito, capeggiato da personaggi sbucati dal nulla politico, come Marco Bucci, il sindaco di Genova, vincente con la spinta di Toti-Rixi, scoperto dopo venti anni da manager in Michigan.
E dietro di lui importati da altri mestieri, come la collega Ilaria Cavo, cronista di nera tv in Rai e Mediaset, rapita dal sogno politico” e tanti altri, in uno zoo molto diversificato, ma capace di impugnare con piglio deciso l’amministrazione della Liguria e di grandi città e paesi, nel segno della reconquista total y final della Destra contro la frana totale della Sinistra.
Con un filone fondamentale: il decisionismo brusco del Bucci soprannominato non a caso, “o scincado ch’ o cria” e i miliardi che sono piovuti a pioggia su Genova e sulla Liguria in progressione rapida. Soprattutto dopo l’immane tragedia del ponte Morandi, crollato sei anni esatti fa e ricostruito in modo fantastico, grazie proprio all’accoppita Bucci-Toti, con la superprotezione di Rixi vice ministro delle Infrastrutture.
Tra quel risarcimento e il PNRR più generoso di tutta l’Italia il totismo ha cavalcato in lungo e in largo, affaulando sui successi progressivi. Ci sono state inaugurazioni a ripetizione, per esempio di treni che avrebbero dovuto velocizzare i collegamenti con Roma, Milano e Torino. Toti sempre a bordo con grande magniloquenza . Ma oggi i collegamenti ferroviari sono come dieci anni fa, se non peggio.
Toti ha steso i famosi tappeti rossi in tutte le Riviere per dimostrare l’accoglienza della Liguria per il turismo. Ed effettivamente i numeri dell’afflusso turistico sono enormemente progrediti, anche se questo fenomeno, che ora prende il nome di “overtourism”, con tutti i suoi connotati di invasione, riguarda tutta l’Italia e Genova è un po’ arretrata nelle proporzioni.
Il totismo ha dilagato sopratutto sulla scia della grande spinta di Bucci, non solo con la ricostruzione del ponte e la riconquista totale di una città spezzata dal crollo. Toti era sempre sulla coda del sindaco ad ogni inaugurazione, cerimonia, battesimo, sventoliio di bandiere, mentre si aprivano cantieri, magari progettati all’epoca delle roccheforti rosse, come quelli degli scolmatori del Bisagno e del Fereggiano o del Waterfront di Levante, opera simbolo delle cento grandi opere lanciate nell’era Toti-Bucci. Mentre la sanità crollava ma migliorava l’occupazione e cresceva il Pil ligure più di ogni altro in Italia.
Il presidente, che oramai era a tutti gli effetti “il governatore”, marcava il fronte politico, delineando un connotato sempre più “autonomo” rispetto ai partiti e ai movimenti, in un flusso nuovo verso il civismo, una volta simbolo di rifiuto dei partiti, ora riciclaggio puro dei vecchi arnesi e separazione dai vecchi schemi. E fuori Genova questo nuovo mood era la spinta a movimenti nuovi dai nomi patriottici come “Coraggio Italia”, forse il culmine del totismo da esportazione, con una adunata cui partecipavano anche molti deputati e senatori italiani, non solo liguri. E poi “Noi moderati”, il movimento di oggi che ha pure mandato in Parlamento la ex assessora Ilaria Cavo, che oggi è considerata la “delfina”.
Il culmine di questo totismo a 360 gradi è stata la triangolazione con Bucci e con Signorini, oscuro funzionario ministeriale, prima scelto da Toti come presidente dell’Autorità portuale, con cui combinare un blocco di potere mai visto a Genova e poi scelto dal sindaco come amministratore delegato di Iren, la multiutility potentissima, che Genova ha “afferrato” con questo incarico rispetto a Torino e Reggio Emilia, gli altri azionisti della super azienda.
Tutto questo è tramontato con il blitz del 7 maggio e la lunga detenzione domiciliare?
A rivedere quelle scene del rientro alla ribalta pubblica e a misurare i primi passi di libertà si direbbe che si sia trattato solo di una parentesi. Non si era mai visto un superimputato, con sulla testa accuse di corruzione così pesanti, precipitarsi a contrattarsi il suo ruolo pubblico come se il processo non ci fosse e non fosse perfino già fissato con data iniziale il prossimo 7 novembre: rito immediato secondo i giudici.
E allora ecco la foto di gruppo con Salvini, il vero referente di Toti, e a fianco di Rixi, sorridenti e pasciuti della libertà riconquistata. E gli altri incontri romani, palesi e segreti con “Noi moderati” e con tutto il fronte del centro destra tra pacche sulle spalle e garanzie di chissà quale futuro politico.
Già su ipotizza una candidatura presidenziale in Regione di Ilaria Cavo, che lascerebbe il suo posto in Parlamento a elezioni suppletive che Toti potrebbe vincere già nel prossimo autunno. Mentre lo stanno processando, insieme a Spinelli e Signorini…..
Al di là di questi gossip, fioriti nel can can di una elezione regionale imprevista, la realtà è che Toti sta personificando lo scontro tra politica e magistratura e le ricadute anche legislative, come dimostrano i progetti di modificare nel codice gli articoli sulla carcerazione preventiva.
Insomma, l’ex presidente sta diventando il simbolo di una evoluzione, che in qualche modo diventa una specie di corazza o di lasciapassare per un ritorno alla sua sempre ridondante visibilità pubblica.
Rieccolo in viaggio con i suoi fedelissimi, la ex portavoce, Jessica Nicolini, incredibile fenomeno di ascesa mediatico-politica, da lui promossa coordinatrice delle Politiche Culturali ed ora ovviamente appiedata, subito ripartita, però, da irriducibile al fianco del capo, agli assessori fedeli, Giampedrone scudiero numero uno, ex sindaco del paese degli arresti domiciliari, Ameglia e Marco Scajola, nipote di Claudio, che da buon erede di schiatte democristiane sta prudenzialmente guardando a Fronte di Fratelli d’Italia per coprirsi in ogni evenienza futura.
Con qualche incazzatura del potente zio Claudio, tornato dal suo feudo di Imperia a essere uno dei più ascoltati consiglieri di Antonio Tajami nell’evidente “ripartenza” di Forza Italia.
Toti è tornato, come se niente fosse, dopo quello che lui ha definito “un incidente”. Mentre le sue accuse si perfezionano ogni giorno con le rivelazioni dei giornali, che precisano ora perfino gli allarmi della Banca d’Italia sui bonifici sospetti a favore del suo conto bancario personale, in arrivo dai conti della sua fondazione Change, il cittadino Toti ha incominciato a tessere un’altra tela.
Lui indirettamente riforma la politica dei finanziamento ai partiti politici e gli articoli sulla carcerazione preventiva.
I magistrati che hanno costruito le accuse contro di lui perfezionano il loro impianto e ogni giorno o quasi ne sfornano una nuova. E così ogni giorno, quasi come un rimbalzo alle riapparizioni di Toti, appare una nuova accusa, sotto forma di nuovo provvedimento della Procura.
Gli ultimi sono stati appunto gli alert della Banca d’Italia sui bonifici sospetti sui conti personali dell’ex presidente. E l’ultimissimo un avviso per una nuova accusa di corruzione a Toti e Spinelli per un evento recentissimo : il supe pranzo da 600 invitati alla villa dello Zerbino organizzato da Toti e a cui si partecipava partendo dall’offerta di 450 euro. Spinelli partecipò con dieci quote e in una intercettazione tra Toti e i suoi uffici si precisa che “il resto” verrà concordato dopo. Cosa vuol dire “il resto”?
Accordi pratici su quel pagamento o altri pagamenti più “privati”? Intorno a equivoci come questo in fondo gira tutto il processo e, per estensione” il grande scontro politica-magistratura, innescato dal totismo di ieri e di oggi.