Trieste, Gasparri: con docufilm Vola Colomba si amplia cineteca su storia negata. A Roma un museo dedicato nei prossimi anni
Il 26 ottobre 2024 ricorrono i 70 anni dal ritorno di Trieste all’Italia, avvenuta il 26 ottobre 1954, ben nove anni dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Il docufilm “Vola Colomba, Trieste 1954”, presentato il 7 ottobre alla Mostra del Cinema di Venezia e in Senato, ripercorre il lungo e tortuoso cammino di ricongiungimento della città giuliana alla madrepatria.
Dal 1943 al 1954 la città visse anni di incertezze e conflitti. È solo con il Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954, entrato in vigore il 26 dello stesso mese, che iniziò una nuova epoca per la Trieste: la città di Trieste e la zona di amministrazione A vennero riassegnate allo Stato italiano.
Il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, in collaborazione con la Fondazione Italia Protagonista, ha promosso l’iniziativa “Vola Colomba, Trieste 70 anni. Gli ultimi martiri del Risorgimento italiano. Evento che si è tenuto in Senato il 7 ottobre e durante il quale è stato proiettato il docu-film.
“L’idea di realizzare il docu-film ‘Vola Colomba, Trieste 1954’ nasce da una vocazione. Io non sono triestino, non appartengo alla diaspora istriana, giuliana e dalmata, ma ho sempre contribuito al recupero della memoria del confine orientale italiano.” Ha commentato Gasparri in occasione dell’iniziativa.
“Il 26 ottobre 2004,- ha continuato il senatore forzista- all’epoca ero ministro delle Comunicazioni, ebbi l’onore di insignire di medaglie commemorative i familiari di Pierino Addobati, Antonio Zavadil, Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Erminio Bassa, Saverio Montano. Che caddero negli ultimi moti del Risorgimento italiano e contribuirono ad accelerare nel 1954, nove anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il ritorno di Trieste all’Italia.
Ringrazio la Rai per aver realizzato quest’opera e per i contributi dati in questi anni alla memoria. Oggi esiste finalmente una cineteca di film e di documentari che raccontano una storia negata.
Nei prossimi anni, grazie all’impegno profuso da personalità come de Vergottini, vedremo finalmente la realizzazione di un museo a Roma – ha aggiunto Gasparri – Un atto doveroso per ricordare nella Capitale d’Italia l’esodo istriano-dalmata e il dramma delle foibe.
Sono grato a tutta la comunità triestina, giuliana, istriana e dalmata per avermi dato la possibilità di contribuire in questi anni con iniziative come quella di oggi per portare avanti una causa che considero di identità nazionale”. Ha concluso il senatore.
Il titolo del docufilm si ispira alla canzone vincitrice del festival di Sanremo del 1952 e cantata da Nilla Pizza.
Il testo, composto da Bixio Cherubini e da Carlo Concina fa numerosi i riferimenti alla città giuliana.
Per esempio: “inginocchiato a San Giusto”, “lasciavamo il cantiere” (alludendo a Trieste sede di cantieri navali), “il mio vecio” che indica il padre nel dialetto triestino.
In un contesto che in quegli anni poneva la questione del ritorno della città all’Italia, la canzone ebbe un grande successo.
In una data a noi non troppo lontana, nei primi giorni del novembre del 1953, una rivolta per rivendicare l’italianità di Trieste esplose incontrollabile e diede una svolta alla storia e al futuro della città.
All’epoca esisteva il “Territorio Libero di Trieste”, conseguenza della Seconda guerra mondiale, suddivisa in due zone di amministrazione, A e B.
La zona A comprendeva la città e altri comuni limitrofi che erano sotto il controllo del Governo Militare Alleato; la zona B comprendeva l’Istria settentrionale che era sotto il controllo dell’amministrazione militare jugoslava.
Il 3 novembre del 1953, il sindaco di Trieste, l’Ingegnere Gianni Bartoli aveva voluto esporre il tricolore nel ricordare l’annessione del 1918 al Regno d’Italia.
Gli inglesi, che amministravano la città giuliana, staccata dall’Italia e sotto controllo alleato fecero rimuovere la bandiera italiana, ma ciò scatenò l’amor di Patria dei triestini e cominciarono così violente manifestazioni.
Durante le proteste, che continuarono nei giorni successivi, il 5 e 6 novembre del 1953 sei triestini trovarono la morte per mano della polizia guidata da un ufficiale britannico. Erano il quattordicenne Pierino Addobbati, Antonio Zavadil, Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Erminio Bassa e Saverio Montano morirono per mano della polizia britannica. Tutti loro sono stati insigniti della medaglia d’oro al valor civile nel 2004.
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