25 aprile 1974, caduta del fascismo in Portogallo, Rivoluzione dei garofani, ispirò Scalfari per Repubblica

Il 25 aprile di 50 anni fa, 1974, segna la caduta di un altro fascismo, quello instaurato in Portogallo da António Salazar nel 1933. Ad abbatterlo fu un incruento colpo di Stato militare passato alla storia come Rivoluzione dei garofani (in portoghese Revolução dos cravos).

Salazar, come Francisco Franco in Spagna, instaurarono negli anni ’30 del secolo scorso regimi fascisti che sopravvissero alla caduta dei loro maestri, Mussolini e Hitler.

Salazar e Franco, un professore universitario e un generale, dimostrarono più intelligenza e avvedutezza del collega Mussolini, maestro elementare, caporale e giornalista. Furono più che amici con Hitler, caporale e pittore, ma si guardarono.bene dal seguirlo sulla strada della follia.

Nel 1974 la Rivoluzione dei garofani suscitò in Italia grandi emozioni. Anche se si era nel pieno degli anni di piombo e della marea montante comunista, quel che accadde in Portogallo apriva il cuore di molti alla speranza di una Italia democratica, prospera e lontana dalla violenza. 

Il giornale che ispirò la rivoluzione, Republica, ispirò Eugenio Scalfarie e Carlo Caracciolo: così 2 anni dopo nacque la nostra Repubblica. In quei giorni, Scalfari, Caracciolo, Bernardo Valli e il meglio della sinistra europea, guidato da Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir erano a Lisbona. La rievocazione chene fece Valli è ancora oggi avvincente.

La ricorrenza in Italia è passata quasi sotto silenzio. A Repubblica probabilmente nessuno ricorda. L’hanno risolta con un articolo di Raffaella De Santis intitolato “Portogallo: quando i garofani sbocciarono dai cannoni” che però risulta di difficile lettura perché inaccessibile anche agli abbonati.

Il quotidiano portoghesePublico: celebra senza la retorica italiana: “Dopo la cerimonia in Parlamento, la festa del 25 aprile continua in tutto il Paese” e segue la giornata attraverso il racconto dei cittadini.

Ne ha parlato il Guardian, intervistando testimoni di allora e giovani di oggi.

Il cinquantesimo anniversario avviene nel contesto delle elezioni del mese scorso che hanno riportato 50 membri del partito di estrema destra Chega al parlamento portoghese.

“Il recente successo dell’estrema destra portoghese era nella mente di Anabela Brito mentre si preparava a scendere in piazza a Lisbona giovedì – come fece 50 anni fa. “Ero lì quando Marcelo è caduto in Largo do Carmo”, ha detto, riferendosi alla capitolazione del primo ministro Marcelo Caetano presso la principale stazione di polizia militare della capitale il giorno del colpo di stato.

“Brito era una studente nel 1974 e membro di un partito politico di sinistra. Nei giorni precedenti la rivoluzione, aveva sentito dire che stava arrivando un fatto improvviso. “Alle 2 del mattino ho ricevuto una telefonata e mi hanno detto: ‘È adesso, sono in strada’. Alla TV e alla radio dicevano di restare a casa, ma la gente non ascoltava. Erano tutti in strada. Mi sentivo semplicemente felice”.

In Portogallo, ha detto, continua la lotta per gli alloggi e per un buon servizio sanitario pubblico, oltre ad altre questioni, sottolineando nel contesto dell’ascesa di Chega che “l’estrema destra sa come trarre profitto da questi problemi”.

il ricordo del regime stava svanendo dalle generazioni più giovani nella società portoghese. “Oggi vivo in un Paese libero, capace di esprimermi. Ho la libertà che i miei nonni non avevano”, ha detto un giovane intervistato. “Purtroppo, [alcuni in] Portogallo non sanno cosa ha fatto ed era l’ultimo regime. La mia preoccupazione è che le persone dimentichino il bene che la democrazia ha portato”.

Ma la vita rimane dura per molti giovani in Portogallo, con costi immobiliari alle stelle, in particolare a Lisbona, e salari relativamente bassi. “Purtroppo la realtà è che sta diventando sempre più difficile lavorare e vivere a Lisbona”.

La vita in Portogallo oggi non è perfetta, ha detto il giovane, e le difficoltà economiche continuano ad affliggere il paese in particolare. “Ma prima della rivoluzione ho l’immagine di un Paese che era davvero indietro rispetto al resto d’Europa. Quello che vedo adesso è un Paese aperto al mondo”.

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Sergio Carli