E’ ora di sequestrare i 300 miliardi di dollari di beni congelati all’estero a Vladimir Putin e consegnarli all’eroica Ucraina. Lo sostiene l’ex primo ministro britannico Boris Johnson che al Daily Mail ha anche ricordato le prime fasi dell’aggressione.
Ricorda Johson quando alle 5.45 circa del 24 febbraio 2022, a Downing Street, era stato messo in contatto con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e come in tutte le capitali dei Paesi Nato gli innumerevoli occhi delle intelligence della difesa vedevano la quantità di truppe russe ammassate sul confine a poche ore di macchina da Kiev.
L’opinione era che gli ucraini avrebbero potuto combattere con coraggio ma che non c’era speranza e che sarebbero stati schiacciati come la cavalleria polacca davanti ai Panzer di Adolf Hitler.
Johnson afferma che dopo due anni dall’invasione si può dire con Churchill: qualche pollo, qualche collo. L’occidente ha sottovalutato l’Ucraina ed esagerato la forza di Putin al punto che l’opinione di molti esperti di difesa occidentali hanno da subito pensato che la resa degli ucraini fosse inevitabile.
Dopo 31 anni di indipendenza, il giovane Stato ucraino si sarebbe trovato con il fiato sul collo come un pollo. Invece questi due anni hanno dimostrato il contrario, l’Ucraina ha il cuore e la voglia di vincere. La Russia di Putin ha iniziato il conflitto forte di una reputazione che considerava il suo paese la seconda macchina militare più temibile al mondo; dopo 24 mesi è chiaro che non è così.
Putin ha perso 315.000 soldati russi uccisi o feriti, due terzi del suo inventario di carri armati di prima della guerra sono stati distrutti, ed è stato espulso in più della metà del territorio che aveva originariamente occupato. Ha dovuto imporre il servizio di leva obbligatorio e sedare una violenta ribellione guidata dal suo ex lacchè, Yevgeny Prigozhin, che ha poi probabilmente fatto assassinare. Oggi è alle prese con un’economia di guerra in cui il 40% del PIL viene speso per cercare di sottomettere gli ucraini e cancellarli di fatto dalla mappa senza ancora esserci riuscito. Gli eroici ucraini continuano a combattere.
L’ex primo ministro inglese ricorda all’occidente quello di cui hanno bisogno gli ucraini e che l’Occidente è in grado di dare. Sostegno militare, politico ed economico.
Johson denuncia la grande e generale debolezza strategica di Putin ed una sua particolare vulnerabilità: la Crimea che non può permettersi di perdere perché significherebbe perdere la faccia a livello nazionale ed internazionale, la fine delle sue ambizioni e, realisticamente, la fine dei suoi piani di riprendersi l’Ucraina.
Gli ucraini hanno bisogno di più ATACMS (Army Tactical Missile Systems), di cui ora dispongono solo in numero limitato e con restrizioni sulla portata e sull’uso, così come hanno necessità di più missili Cruise come gli Storm Shadow forniti dagli inglesi, gli Scalps francesi e i Taurus tedeschi. Hanno bisogno di un numero molto maggiore di proiettili Nato da 155 mm, che hanno una gittata di circa 40 km, e di sostegno all’addestramento ai vari livelli dell’esercito ucraino da parte dei Paesi Nato con un programma strategico e a lungo termine.
L’UE ha fornito circa 39 miliardi di sterline in assistenza militare, gli Stati Uniti circa 35 miliardi di sterline e il Regno Unito è ora al terzo posto tra i donatori nazionali, dietro a Stati Uniti e Germania.
Boris Johnson dice che nel Regno Unito ora si parla di un nuovo Beaverbrook, il barone dei giornali e uomo d’affari che incrementò drasticamente la produzione di aerei nella Seconda Guerra Mondiale, per guidare la produzione degli armamenti necessari non facendo mai mancare anche il sostegno economico.
Per quanto riguarda quanto sta accadendo al Congresso degli Stati Uniti per il ritardo nell’approvazione del pacchetto di aiuti vitali da 47 miliardi di sterline, Jonson si dice preoccupato ma anche ottimista perché il popolo americano ha fatto enormi sacrifici per la libertà e lo sa. Hanno tolto le castagne dal fuoco all’Europa in due guerre mondiali e nella guerra fredda.
Gli Stati Uniti con il loro sostegno, a un costo di appena il 5% del bilancio della difesa statunitense e senza che finora sia costato la vita ad un solo soldato americano, hanno fatto più danni alle forze armate della Russia di dieci anni di combattimenti russi in Afghanistan. Hanno rafforzato la Nato, il tradizionale veicolo del potere statunitense in Europa, che ora tra l’altro vanta due nuovi membri vitali e precedentemente neutrali come la Finlandia e la Svezia.
Hanno indotto gli europei a condividere maggiormente gli oneri e a spendere di più per la propria difesa ed hanno messo a nudo una frattura strategica fondamentale tra Mosca e Pechino in quanto il Presidente cinese Xi Jinping ha ora pubblicamente e privatamente smascherato le spacconate di Putin sulle armi nucleari ed ha rivelato l’assurdità di tale minaccia.
Jonson si dice fiducioso che alla fine gli Stati Uniti continueranno ad essere l’arsenale della democrazia e che abbiamo semplicemente bisogno di tempo prima che questa guerra finisca e a condizioni favorevoli all’Ucraina. Potrebbe non accadere quest’anno; potremmo dover aspettare fino al 2025 o 2026 ma la potenza industriale dell’Occidente è talmente superiore a quella della Russia che, con pazienza strategica, questa guerra può finire solo in un modo: con la vittoria dell’Ucraina.
Oggi però, avverte Johnson, due sono gli ulteriori obiettivi che le democrazie occidentali hanno di fronte.
Il primo è la scelta dell’Ucraina di essere democratica ed europea. Piuttosto che rientrare in un impero asiatico, significa che si deve continuare sul percorso della sua integrazione nell’UE e nella NATO e dunque il prossimo vertice di Washington di quest’estate dovrebbe chiarire che l’adesione dell’Ucraina è ormai un percorso irreversibile.
Il secondo è di natura economica ed è ormai improcrastinabile. Ci sono 300 miliardi di dollari di beni russi congelati all’estero, in gran parte custoditi in Belgio presso un’istituzione chiamata Euroclear. È ora di prendere quei beni e darli all’Ucraina , sostiene Johnson.
È moralmente giusto ma è anche legale. Prelevare quel denaro, ad esempio compensandolo con un prestito occidentale agli ucraini per la ricostruzione del loro Paese. Il tempo per parlarne è finito. Dovrebbe essere fatto immediatamente.
Questa guerra è sempre più cupa e, dopo due anni, tutti noi desideriamo che finisca. Ma la storia, la geografia e il tempo, così come la giustizia, sono dalla parte degli ucraini.
Con un rinnovato sostegno militare, politico ed economico possono vincere e vinceranno. Alla faccia di Papa Francesco.
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