Gaza, quali sono i progetti di Netanyahu dopo che la pace sarà tornata? Il premier israeliano prevede che Israele mantenga il controllo di sicurezza sulle aree palestinesi. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha presentato il suo primo piano ufficiale per la Striscia di Gaza dopo la fine della guerra, documento che è stato immediatamente respinto dai palestinesi che considerano quelle proposte destinate al fallimento.
Nel documento, rivela Henriette Chacar sulle pagine della agenzia Reuters, viene affermata la volontà di Israele di mantenere il controllo di sicurezza sulle aree palestinesi come condizione pregiudiziale per la ricostruzione dopo la smilitarizzazione. Le aree sono quelle ad ovest del Giordano, comprese la Cisgiordania occupata e Gaza, i territori sui quali i palestinesi sperano di creare uno Stato indipendente.
Dal piano emerge dunque la resistenza di Netanyahu alla creazione di uno Stato palestinese, considerato una minaccia per la sicurezza di Israele, senza però escluderne esplicitamente uno in futuro.
Il documento appare come una bozza distribuita per la discussione ai membri del gabinetto di sicurezza piuttosto che come programma definito e giunge nel momento in cui crescono gli appelli internazionali a porre fine ai combattimenti che hanno distrutto ampie zone di Gaza e a rilanciare gli sforzi per la creazione di uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele.
A seguito della pubblicazione del documento, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha sottolineato come l’espansione degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata violi il diritto internazionale segnando, in questo modo, un ritorno alla politica statunitense di lunga data sulla questione. Politica che era stata invece invertita dalla precedente amministrazione di Donald Trump.
Lo stesso Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, principale alleato di Israele, ha affermato che solo una soluzione a due Stati ha la possibilità di portare ad una pace a lungo termine ed ha rinnovato l’impegno della diplomazia per raggiungere l’obiettivo.
Il documento elenca gli obiettivi a lungo termine a partire dal rifiuto del riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese specificando che un accordo potrà essere raggiunto solo attraverso negoziati diretti tra le due parti.
Si propone di sostituire a Gaza il controllo amministrativo di Hamas con rappresentanti locali non affiliati a Paesi o gruppi terroristici e non sostenuti da finanziamenti riconducibili a questi ultimi. Smilitarizzazione e deradicalizzazione sono definiti obiettivi da raggiungere nel medio termine senza specificare quando e quanto durerà la fase intermedia.
In una dichiarazione dell’Ufficio del Primo Ministro si legge che il documento di principi del Primo Ministro avrebbe riscosso un ampio consenso pubblico sugli obiettivi della guerra e sulla sostituzione del governo di Hamas a Gaza con un’alternativa civile.
Zaha Hassan, avvocato per i diritti umani e borsista del Carnegie Endowment for International Peace, ha contestato il piano di Netanyahu affermando che lascerebbe i palestinesi di Gaza in uno stato di completa dipendenza senza alcuna speranza di realizzare le loro aspirazioni nazionali ed ha chiarito che non è il piano che l’amministrazione Biden ha discusso con i governi arabi.
Il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas, Nabil Abu Rudeineh, ha detto che la proposta di Netanyahu è destinata a fallire e che stabilità e sicurezza nella regione possono solo partire dalla fine dell’occupazione israeliana della terra palestinese e dal riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale.
Il piano di Netanyahu propone che Israele sia presente al confine tra Gaza e l’Egitto nel sud dell’enclave e che cooperi con l’Egitto e gli Stati Uniti in quell’area per prevenire i tentativi di contrabbando, anche al valico di Rafah. Prevede inoltre la chiusura dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi UNRWA, che Israele ha ripetutamente accusato di fornire copertura ad Hamas, e la sua sostituzione con altri gruppi di aiuto internazionali.
Dalla firma degli Accordi di Oslo, all’inizio degli anni ’90, sono stati pochissimi i passi compiuti per il raggiungimento dello Stato palestinese e, tra i tanti ostacoli intercorsi, uno dei più insuperabili è stata l’espansione degli insediamenti israeliani nei territori conquistati da Israele nella guerra del 1967, considerati da parte di molti Paesi una violazione del diritto internazionale.
Israele rivendica un diritto di nascita biblico sulla terra e ha dichiarato che approverà più di 3.000 nuove unità abitative negli insediamenti.
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