Le università e i college Usa non possono tenere in considerazione la razza nel valutare le richieste di ammissione degli studenti.
Lo ha deciso la Corte Suprema Usa accogliendo il ricorso contro alcuni atenei, tra cui Harvard. I giudici hanno inferto così un colpo alla cosiddetta “affirmative action”, che da noi traduciamo con discriminazione positiva e finalizzata ad una maggiore inclusione delle minoranze di vario genere ma da molti ritenuta controversa e penalizzante.
Contro la sentenza della Corte Suprema si è scagliato Barack Obama, il più famoso degli studenti che pur non possedendo i mezzi finanziari e di classe per accedere alle costosissime università è riuscito a diventare il primo presidente Usa di discendenza africana.
“Come ogni politica, l’azione affermativa non era perfetta. Ma ha permesso a generazioni di studenti come Michelle e me di dimostrare che lo meritavamo. Ora tocca a tutti noi offrire ai giovani le opportunità che meritano — e aiutare gli studenti di tutto il mondo a beneficiare di nuove prospettive”, ha commentato l’ex presidente, ricordando la sua esperienza personale.
Obama non ha rinunciato ad una stoccata contro i privilegiati nell’accesso all’università. “Ovviamente, studenti del mio campus e innumerevoli altri in tutto il paese hanno ricevuto – e continuano a ricevere – una considerazione speciale per l’ammissione.
Alcuni hanno genitori che si sono laureati nella stessa scuola. Altri hanno famiglie che possono permettersi ‘coach’ che li aiutano a correre più velocemente o a colpire più forte una palla.
Altri vanno alle scuole superiori con risorse sontuose per i tutor e un’ampia preparazione standardizzata ai test che li aiuta a ottenere punteggi più alti negli esami di ammissione all’università. Di solito non ci chiediamo se quegli studenti lo meritano.
Così spesso, accettiamo semplicemente che il denaro, il potere e il privilegio siano forme perfettamente giustificabili di azione affermativa, mentre i ragazzi che crescono come me dovrebbero competere quando le condizioni di gioco sono tutt’altro che uguali”.
“Oggi – osserva – il mio cuore si spezza per ogni giovane là fuori che si chiede cosa riserva il suo futuro e che tipo di possibilità gli saranno aperte. E mentre conosco la forza e la grinta che si trovano dentro i ragazzi che hanno sempre dovuto sudare un po’ di più per salire le stesse scale, spero e prego che anche il resto di noi sia disposto a sudare un po’. La giornata di oggi ci ricorda che dobbiamo fare il lavoro non solo per attuare politiche che riflettano i nostri valori di equità ed equità, ma per rendere veramente reali quei valori in tutte le nostre scuole, luoghi di lavoro e quartieri”.
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