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Politica estera

Dal Libano rivelazione: Netanyahu sapeva del blitz di Hamas del 7.10

Con le esplosioni in Libano di centinaia se non migliaia di cercapersone e walkie talkie di appartenenti a Hezbollah e con il bombardamento sempre in Libano con aerei o missili di case e uffici di suoi quadri dirigenti, compreso lo sceicco Nasrallah, Israele ha dimostrato che i suoi servizi segreti militari, il famoso e famigerato Mossad, hanno una conoscenza capillare delle organizzazioni armate sue nemiche.

Del resto già al tempo dell’invasione di Gaza denominata Piombo Fuso e dei cosiddetti “omicidi mirati”, con i quali Israele uccideva presunti dirigenti di Hamas a Gaza con missili sganciati da aerei o con l’esplosione dei loro telefonini manomessi o fatti manomettere in gran segreto, un capo o ex capo del Mossad aveva ammesso vantandosene che “siamo in grado di sapere anche cosa pensano i singoli dirigenti di Hamas a Gaza”.

Stando così le cose è francamente difficile, molto difficile se non impossibile credere che il Mossad non sapesse che Hamas stava preparando la mattanza e la retata del 7 ottobre scorso e non abbia di conseguenza avvertito in modo dettagliato il capo del governo Benjamin Netanyahu. Ed è francamente difficile, molto difficile se non impossibile credere che Netanyahu non abbia a bella posta evitato di muovere neppure un dito,  lasciando che la mattanza e la retata di ostaggi avvenissero, per avere così il pretesto più adatto per fare la tabula rasa che ha fatto e sta facendo a Gaza.  Mattanza imitata, anche se in scala ridotta, in Cisgiordania dai coloni sempre più scatenati contro i palestinesi e sempre impuniti.

Netanyahu indifferente

Dal Libano rivelazione: Netanyahu sapeva del blitz di Hamas del 7.10, così ha potuto reagire – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

L’indifferenza di Netanyahu per la sorte degli ostaggi conferma che lui ha lasciato fare perché aveva già in mente la reazione “definitiva” contro Gaza. Inoltre la rapidità con la quale sono state immediatamente diffuse notizie poi smentite non solo dal New York Times degli atti di ferocia bestiale asseritamente commessi il 7 ottobre dai membri di Hamas, compresa la decapitazione di 40 bambini, efferatezza per fortuna non avvenuta,  dimostra che erano state preparate per la stampa anche le versioni che avrebbero indignato al massimo l’opinione pubblica mondiale fino a farle giustificare e approvare di fatto le tremende mattanze di massa perpetrate a Gaza.

All’assemblea generale dell’ONU la nostra Giorgia Meloni e il presidente USA Joe Biden hanno fieramente gridato a petto in fuori che Israele ha diritto di difendersi anche dagli attacchi di Hezbollah nel nord, vedi i bombardanti del Libano, e che le decine migliaia di abitanti fatti sfollare dal nord di Israele hanno tutto il diritto di tornare nelle loro case. Giusto, perbacco! Giustissimo! Ma allora però non si capisce perché il diritto a tornare nelle loro case non viene riconosciuto anche ai 7-800mila palestinesi cacciati con la Nakba da Ben Gurion. E neppure alla massa di altri palestinesi cacciati successivamente, per esempio dalle cittadine che oggi si chiamano con nomi israeliani Sderot ed Askelon. Proprio sulla negazione del diritto al ritorno dei palestinesi cacciati in massa armi alla man sono sempre falliti i tentativi di accordo tra il leader palestinese Arafat e i governi israeliani.

Fra Libano e Gaza

A proposito di Hamas, Netanyahu in passato ha sempre avuto un occhio di riguardo per farla crescere il più possibile, in modo da arrivare al punto in cui si è arrivati. Lo ha spiegato l’analista della CNN Fareed Zakaria, tra i più autorevoli guru USA di politica estera, al Corriere della Sera l’11 novembre dell’anno scorso, poco più di un mese dalla tragedia del 7 ottobre. L’intervistatore  Paolo Valentino chiede se è vero che

“il governo di Netanyahu, sostenuto dalla destra religiosa, ha favorito Hamas, per delegittimare l’Autorità palestinese e mettere una pietra tombale sopra la soluzione due Stati, due popoli, che sia lui sia Hamas aborriscono”,

l’analista della CNN ha risposto come segue:

“Vero al cento per cento. Netanyahu ha facilitato i finanziamenti del Qatar ad Hamas, ha moltiplicato i permessi di lavoro ai transfrontalieri che venivano da Gaza, mirando a dividere i palestinesi e poter dire che la soluzione dei due Stati era impossibile in assenza di un interlocutore”.

Zakaria però per spiegare meglio la situazione fin troppo esplosiva ha aggiunto:

“Ma c’è un’altra tessera del mosaico: dopo la generazione dei Peres e dei Rabin, perfino di Sharon, negli ultimi 15 anni i governi d’ Israele, tutti dominati dalla destra, non hanno fatto più alcuno sforzo per offrire una prospettiva ai palestinesi e l’Autorità palestinese, corrotta e debole di suo, è stata così delegittimata che fra i palestinesi si è radicata la convinzione che la lotta non violenta e la via diplomatica non portano da nessuna parte e conducono solo all’invasione dei coloni nella West Bank, allo stato di polizia permanente, a nuove confische dei terreni. In questo senso il governo israeliano ha alimentato frustrazione e disperazione, portando i palestinesi a concludere che la violenza sia l’unica strada”.

Zakaria infine ha concluso con una considerazione su basi fin troppo solide, che ha anche il pregio di spiegare il senso di ciò che sta accadendo:

“La sfida che però Israele dovrà affrontare a un certo punto è quella di oltre 5 milioni di palestinesi che vivono tra la West Bank e Gaza e non hanno né diritti, né futuro politico, né uno Stato. Non potrà andare avanti a lungo, sette milioni di ebrei non potranno governare cinque milioni di palestinesi per sempre”.

Non potendoli realisticamente governare per sempre nel modo col quale li governa fin dal ’48, non volendo assolutamente la nascita di uno Stato palestinese e ancor più non volendo la soluzione adottata infine dal Sud Africa per porre fine alla ribellione e lotta armata dei neri africani contro i coloni bianchi padroni del Paese, ai governi israeliani sempre più in mano alla destra fanatica e “religiosa” non resta che fare quello che fanno: esercitare con continuità la massima pressione anche con la violenza delle armi perché i palestinesi emigrino. E frantumarne la dignità e la struttura sociale rendendo straccioni e sfollati intanto i due milioni e mezzo di abitanti di Gaza.

Dopo decenni di tragedie da lotta armata, terrorismo e ribellioni di tutti i tipi il Sud Africa ha risolto i problemi affidando a un nero, Nelson Mandela in carcere da oltre 20 anni, la presidenza della repubblica, con tutti i cambiamenti che ne sono conseguiti nella formazione dei governi e annessa gestione del potere.

In Israele è inimmaginabile che alla presidenza della repubblica venga chiamato un palestinese – ad esempio Marwan Barghouti, l’erede di Arafat, anche lui come Mandela in carcere da oltre 20 anni – con la conseguente assoluta parità di diritti tra ebrei e non ebrei, compresi i palestinesi. Tanto più ora che ministri come Bezelei Smotrich e Itamar Ben Gvir, colonne del governo Netanyahu,  hanno rispettivamente dichiarato:

– (Smotrich) che i due milioni e mezzo di palestinesi di Gaza sarebbe giusto lasciarli morire tutti di fame e sete, rammaricandosi che purtroppo il mondo non permetterebbe di farlo;

– (Ben Gvir),  che la missione della sua vita è annettere la Cisgiordania e impedire che nasca la Stato palestinese. Infine, che vorrebbe fossero fucilati in blocco i 9 mila palestinesi detenuti politici. Vale a dire, al momento, 70 donne, 200 bambini, 3.484 detenuti “amministrativi”, cioè senza accuse a loro carico, 50 giornalisti, oltre cento studenti universitari.

A quanto pare, si direbbe che Netanyahu e il suo governo hanno raccolto e fatto proprio l’incitamento a colpire i palestinesi lanciato il 10 maggio 2004 dal professore israeliano Arnon Soffer, docente dell’Università di Haifa e con forti agganci politici, dalle pagine del giornale The Jerusalem Post:

“Perciò, se vogliamo restare vivi, dobbiamo uccidere, uccidere e uccidere. Tutto il giorno, ogni giorno [….]. Se non uccidiamo, cessiamo di esistere”.

Il problema è che i palestinesi pare non abbiano intenzione di lasciarsi uccidere senza reagire.

Pino Nicotri

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