Le elezioni politiche in India sono in pieno svolgimento e si concluderanno fra un mese e mezzo. Ecco cosa c’è da sapere.
È un’India molto diversa che va alle urne rispetto a quella descritta da P.P. Pasolini 60 anni fa, figlia della arretratezza lasciata dal colonialismo inglese e dalla politica socialista e filosovietica di Nehru.
Su Foreign Affairs lo storico Ramachandra Guha traccia un quadro desolante. Si prevede, scrive, che il primo ministro indiano Narendra Modi e il suo partito Bharatiya Janata, che domina il panorama politico del paese dopo un decennio al potere, vinceranno le urne. Ma una vittoria di Modi e del BJP potrebbe non essere una vittoria per la democrazia indiana – o per le ambizioni di grande potenza del paese. Durante i suoi dieci anni in carica, Modi ha lavorato diligentemente per subordinare le istituzioni, centralizzare e personalizzare il potere politico e imporre l’uniformità religiosa e culturale. Il governo Modi, avverte Guha, “sta mettendo a repentaglio una fonte fondamentale della forza indiana: le sue varie forme di pluralismo”.
Una nota dell’ISPI, l’autorevole italiano Istituto per gli studi di politica internazionale, descrive il complesso scenario. Ne sono autori Nicola Missaglia, Gabriele Manca e Sofia Maria Russo.
La competizione elettorale, scrivono, è dominata dai due maggiori partiti politici indiani: il Bharatiya Janata Party (BJP), attualmente al governo, e l’Indian National Congress (INC), attualmente all’opposizione. Dopo aver governato all’inizio degli anni Duemila, il BJP è salito al potere per la seconda volta nel 2014 sotto la guida dell’attuale Primo Ministro Narendra Modi. Da allora, governa con una coalizione nota come National Democratic Alliance (NDA). Nelle elezioni del 2019, il BJP ha ottenuto una vittoria schiacciante, conquistando la maggioranza assoluta con 303 seggi parlamentari, che salgono a 353 se si considera l’intera coalizione.
Il principale partito d’opposizione invece, l’INC o Congress, ha governato il Paese per più di 50 anni dopo l’indipendenza, ma si trova ora in una situazione di stallo. Nel tentativo di impedire un’altra vittoria di Modi, il Congress ha formato un’alleanza con altri 28 partiti dell’opposizione (compresi i principali partiti regionali) dando vita alla coalizione Indian National Developmental Inclusive Alliance (INDIA). Il volto del partito, nonché principale sfidante di Modi, è Rahul Gandhi. Figlio, nipote e pronipote di primi ministri (nonna Indira Gandhi figlia di Nehru, padre Rajiv Gandhi) mezza discendenza italiana per parte di madre Sonia Maino di origine veneta e cresciuta a Orbassano (Torino).
I temi su cui si è giocata la campagna elettorale sono stati molteplici, differendo spesso da stato a stato. Si possono però individuare delle tematiche comuni.
È innegabile però, osserva Ispi che, nei dieci anni di governo Modi, le libertà civili dei cittadini indiani siano state minacciate, che le proteste (anche pacifiche) siano state spesso represse con la forza e che la stampa indiana, ancorché ancora molto vivace, abbia subito pressioni e minacce dagli organi governativi. In questo contesto le violenze contro la minoranza musulmana sono in aumento e il sistema giudiziario del Paese appare sempre più allineato con il potere esecutivo.
Il 2023 è stato un anno di grandi successi per Nuova Delhi. Alcuni traguardi sono più retorici che di sostanza, come essere diventati il Paese più popoloso al mondo superando la Cina. Altri descrivono bene l’ascesa indiana a superpotenza economica e politica. L’India è oggi la grande economia che cresce più velocemente e lo scorso anno, il Pil indiano ha superato quello del Regno Unito, la vecchia potenza coloniale.
Si prevede che entro il 2030 supererà anche quello della Germania e del Giappone, posizionando l’India al terzo posto tra le principali economie mondiali, dietro gli USA e la Cina. Alla luce di questi sviluppi, in molti si sono chiesti se, dopo che i primi due decenni del XXI secolo sono stati monopolizzati dal miracolo economico cinese, i prossimi siano destinati ad essere segnati dell’ascesa indiana.
Nell’ultimo decennio l’India ha trasformato il suo volto, rivelando un potenziale rimasto per molto tempo inespresso. Il governo del Primo Ministro Narendra Modi ha investito nella costruzione di strade, porti, aeroporti, ferrovie, infrastrutture energetiche e telecomunicazioni, in un volume tale da rendere il Paese quasi irriconoscibile rispetto a dieci anni fa. Un esempio sono i circa 54 mila chilometri di autostrade nazionali da quando l’attuale governo è salito al potere nel 2014.
Un enorme balzo in avanti è stato fatto anche dal punto di vista della digitalizzazione: gran parte degli indiani oggi utilizza gli smartphone per ogni tipo di pagamenti, la rete internet ha ora una diffusione capillare permettendo al governo di raggiungere tutti i cittadini e, tra le altre cose, introdurre programmi come i trasferimenti di denaro diretti a coloro che ne hanno bisogno.
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