La creazione di uno Stato per i palestinesi non è impossibile sotto il premier israeliano Benyamin Netanyahu. “No, non lo è”, ha risposto Joe Biden a chi gli chiedeva se fosse impossibile una soluzione a due Stati con Netanyahu. Il presidente ha quindi spiegato che il primo ministro di Israele non è contrario a tutte le soluzioni a due Stati e ce ne sono diversi tipi: “Ci sono numerosi tipi di soluzioni a due Stati. Ci sono Paesi che sono membri dell’Onu e non hanno le loro forze armate. Penso che ci sono modalità in cui potrebbe funzionare”, ha messo in evidenza Biden.
Dopo 27 giorni di silenzio e gelo il presidente Usa è tornato a parlare con Benyamin Netanyahu, per ribadirgli che gli Stati Uniti continuano a puntare sulla creazione di uno Stato palestinese. E che Israele – ha fatto sapere la Casa Bianca dopo il colloquio di 40 minuti tra i due – deve ridurre i danni subiti dai civili a Gaza.
Le difficoltà di Bibi non sono solo con Washington: anche in Europa l’Alto rappresentante Josep Borrell ha detto senza giri di parole che “il governo di Israele” guidato da Netanyahu rappresenta “un impedimento” ad una qualsiasi soluzione del conflitto, e che la comunità internazionale dovrebbe “imporre dall’esterno” la soluzione a 2 Stati.
La tragedia degli ostaggi
Intanto resta la tragedia degli ostaggi nella Striscia: le Brigate Al-Nasser Salah al-Deen, alleate di Hamas, hanno diffuso un video che mostra un ostaggio israeliano che, secondo loro, è stato ucciso in un attacco aereo di Israele. Secondo i miliziani si tratta di Ohad Yahalomi, 49enne rapito nel Kibbutz Nir Oz il 7 ottobre insieme al figlio 12enne Eitan. Il ragazzino è stato rilasciato a novembre durante la tregua per lo scambio di prigionieri e ostaggi, dopo essere stato picchiato e costretto dai suoi rapitori a guardare i video degli orrori del massacro di Hamas, secondo le testimonianze dei parenti.
Cresce l’isolamento internazionale
Con il dramma degli ostaggi irrisolto e in un clima di crescente isolamento internazionale, Netanyahu cola a picco anche nei sondaggi interni, mentre nel Likud, il suo partito, cresce la fronda contro un leader il cui destino politico appare sempre più in bilico. Se si votasse oggi – ha certificato l’ultima rivelazione del quotidiano Maariv – il Likud crollerebbe a 16 seggi (dagli attuali 32) contro i 39 del centrista Benny Gantz, che ne avrebbe quindi più del doppio.
A certificare la caduta libera nel gradimento popolare, lo stesso sondaggio del Maariv rivela che Netanyahu si ferma al 31% di consensi, rispetto al 50% di Gantz. Se è vero che i sondaggi possono sbagliare, è tuttavia innegabile che il premier più longevo della storia di Israele non sia mai stato tanto in difficoltà, senza contare i guai giudiziari che lo vedono sotto processo a Gerusalemme per corruzione, frode e abuso di potere. Nel Likud insomma c’è già chi si prepara alla successione. Fonti anonime del partito hanno riferito al Jerusalem Post di considerare finita la sua epoca e contati i suoi giorni al potere.