Fa discutere l’attacco soft di Israele all’Iran: minidroni e zero vittime. Teheran minimizza, Israele tace. Il mondo si chiede: sono prove de-escalation? La temuta replica israeliana si è esaurita con il lancio di tre piccoli droni sul sito nevralgico militare e nucleare di Isfahan, 1.700 km da Gerusalemme; il che autorizza l’ipotesi che i velivoli – israeliani o USA – si siano alzati in volo addirittura dall’interno dell’Iran. Se ciò venisse confermato si aprirebbero nuovi e inquietanti interrogativi sulla reale capacità difensiva e di intelligence della Repubblica islamica. E i pasdaran ne trarrebbero un vantaggio.
È il messaggio che Israele ha voluto mandare agli ayatollah e dintorni. Lo Stato Ebraico ha voluto dimostrare di poter minacciare il nucleare di Teheran come e quando vuole e di saper portare a termine missioni complesse e delicate in totale autonomia.
Teheran si aspettava la risposta di Tel Aviv. Aveva messo in conto la determinazione israeliana. Sapevano e sanno il pensiero di Netanyau. In sintesi: se Israele non avesse risposto, sarebbe stata la fine della deterrenza, della idea che l’Idf (le forze di difesa israeliane) valga. Il Mossad cercava il riscatto dopo il flop del 7 ottobre e l’ha ottenuto preparando il terreno per la missione a Isfahan, la “bocca della belva”, il cuore dell’arricchimento dell’uranio. Ha insomma affrontato il tema della atomica. Levigando il suo mito.
Il regime degli ayatollah è solo apparentemente incrollabile. Non è così. Stando alle voci
che certificano le tensioni in atto, le manovre che stanno preparando la successione di Ali Khamenei sono concrete. In Iran cresce la fibrillazione interna scatenata dalla morte della 22enne curda Mahsa Amini il 16 settembre 2022. Le proteste di piazza sono passate alla disobbedienza civile. Il Paese è attraversato dal dissenso delle minoranze etniche e religiose fin dal tempo di Reza Shah (1941-1979) e di suo padre, il fondatore della dinastia Phalavi. È tuttavia presto per parlare di una possibilità di un Iran libero. Questa situazione semmai rafforza i Pasdaran e il Paese rischia di passare da una leadership religiosa a una militare.
Sabato notte è avvenuta una esplosione in una base di unità militari filo-iraniane a Kalso, in Iraq. Un attacco che è costato un morto e otto feriti. “Israele non è coinvolta“, dicono fonti della CNN. Lo scenario è sempre più complesso e i capi politici di Hamas stanno valutando se spostare la loro base operativa fuori dal Qatar, sempre più sotto pressione perché spinga il gruppo terroristico ad aprire negoziati indiretti di tregua con Israele. I leader di Hamas potrebbero essere trasferiti in Oman, Paese della penisola arabica. Probabile che il quartier generale di Hamas traslochi nella capitale portuale Mascate (Muscat), golfo dell’Oman; città di oltre un milione di abitanti, circondata dalle montagne e dal deserto, culla dei musulmani ibaditi, la cosiddetta “terza via” tra Sciiti e Sunniti. Anche questo è un segnale.
Continua la guerra per il taglio del canone Rai. Taglio (l'anno scorso fu ridotto da…
Medioriente in fiamme. Sangue italiano in Libano. E il caso Netanyahu (accusato di crimini contro…
Flavia Vento è tornata a parlare di Francesco Totti e l'ha fatto in un programma…
Le spese "obbligate" sostenute mensilmente nel 2023 dalle famiglie italiane - quelle che riguardano indicativamente…
Dopo la bomba Maradona, la bomba scudetto, la Kvara e la georgiana, ecco la bomba…
"C'è un rischio chiaro, evidente e concreto che la Russia non stia assolutamente bluffando" sul…