L’Unione Europea teme una guerra in Europa. Parigi e Berlino sono al lavoro per trovare una intesa (difficile). Allo scopo venerdì è stato organizzato un vertice a tre a Berlino con Macron, il Cancelliere Scholz, il polacco Tusk. È nato il cosiddetto “Triangolo di Weimar”, un patto per dare a Kiev “armi a lungo raggio”. Perché “Putin non deve vincere questa guerra”, come va dicendo l’ex colomba Macron, oggi falco con mire da leader della coalizione. Immediata la reazione di Mosca che ha attaccato il presidente francese sulla ventilata ipotesi di inviare truppe in Ucraina. Prudente il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani che ha subito stoppato l’idea balzana: “Così si rischia la Terza guerra mondiale”.
Il Capo dello Stato da Cassino, teatro di una delle mattanze più feroci della Seconda guerra mondiale – 15 marzo 1944, 200 mila morti in 129 giorni di combattimento, abbazia rasa al suolo – ha prontamente rintuzzato le fantasie bellicose del francese. Diplomatico nella forma ma rigoroso nella sostanza, il presidente è stato chiaro: “Il fuoco delle armi deve cessare ovunque. Ma il terrore va fermato”.
Una risposta inequivocabile ai venti di guerra che qualcuno, Macron e non solo lui, inizia a evocare. Mattarella non sta proponendo la resa ma la necessità di “evitare il ricorso alle armi” denunciando nel contempo le responsabilità (peraltro senza citarlo) di Putin in Ucraina e di Hamas nella tragedia Mediorientale. Ha aggiunto: “Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e che vorrebbe perpetuarsi”.
Mattarella non dice di alzare bandiera bianca, ma di fare ogni sforzo che possa portare a una risoluzione del conflitto e non a un suo aggravamento.
Due anni fa Macron era il leader occidentale che più sosteneva la necessità del dialogo con Putin e ripeteva: “Non dobbiamo umiliare la Russia, bisogna ad ogni costo cercare un accordo”. Ora fa il falco e sprona la UE tornando sulla possibilità di inviare truppe francesi in Ucraina. Ma Berlino non ci sta. Le differenze sulla guerra in Ucraina rimangono e la Germania resta pacifista e isolata in Europa. I tedeschi sono più preoccupati di leccarsi le ferite: hanno visto andare in crisi un modello economico vincente basato sull’import di energia dalla Russia. In più hanno sostituito una cancelliera, Angela Merkel, con un burocrate di partito che nessuno, per il momento, sembra apprezzare più di tanto, cioè Olaf Scholz.
Il presidente francese col trascorrere del tempo ha cambiato idea. Ora si è convinto che Putin è una minaccia esistenziale per i valori di democrazia di democrazia e libertà impersonati dall’Europa e che per tenerlo a distanza bisogna usare il linguaggio della forza. Atteggiamento che ha reso difficili i rapporti con la Germania e che ha finito di mettere alla luce le divisioni tra gli alleati di Kiev. Macron mostra i muscoli con Mosca, Scholz è sempre più titubante.
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