Dietro al raid sul Cremlino dello scorso 3 maggio, quando due droni sono stati abbattuti sopra le cupole dell’edificio più sorvegliato di Russia, ci sarebbero gli ucraini. E’ quanto confermato al New York Times da fonti di intelligence americane, dopo aver ascoltato intercettazioni di funzionari ucraini. Sebbene tutti sappiano che il presidente russo, Vladimir Putin, non viva al Cremlino, ma fuori Mosca, nella sua dimora a Novo-Ogaryovo, è ipotizzabile che mai come in questo momento il leader tema per la sua stessa vita e il pericolo non arriverebbe solo dal nemico esterno, ma anche interno.
In un articolo pubblicato sul Time, Simon Sebag Montefiore, giornalista e scrittore britannico specializzato in storia della Russia, sottolinea che l’estrema vigilanza è lo stato d’animo essenziale della tirannia, ma il risvolto della medaglia è che il tiranno si ritrova circondato da nemici. Mantenere un popolo pauroso e isolato comporta il rischio che questo sia pronto anche a soluzioni estreme. Il presidente russo si troverebbe in questa situazione, come già i suoi predecessori.
L’autore ricorda che quando Eltsin offrì la presidenza a Putin nel 1999 quest’ultimo esitò, chiedendosi: “Come proteggerò la mia famiglia?”. Un potere autoritario sarebbe stata la risposta. Durante le primavere arabe, riporta il Sun, Putin ha trascorso ore a guardare il raccapricciante filmato del colonnello Gheddafi, torturato prima di essere ucciso. Forse è anche per questo che recentemente ha deciso di riabilitare il suo alleato in Siria, Bashar al-Assad.
“Ogni zar saggio sa che il suo equilibrio costante deve essere una feroce vigilanza – scrive lo storico britannico – Pietro il Grande stabilì lo standard dell’imperatore di tutto talento e comandante supremo a cui aspira Putin, insieme a ogni altro sovrano russo, ma affrontò continui complotti contro la sua vita che gestì lui stesso torturando e giustiziando personalmente migliaia di moschettieri ribelli”.
“Se un sovrano russo non può dominare il mondo russo, deluderà la storia“, specifica il giornalista. E Putin non vuole essere da meno. Le tre guerre brevi in Cecenia, Georgia e Siria non sono però paragonabili a quanto sta accadendo in Ucraina. “La vittoria rende un sovrano russo invulnerabile, quasi sacro“, scrive Sebag Montefiore nel suo articolo, ricordando che chi fallisce, al contrario, sa a cosa può andare incontro.
La sconfitta mette in pericolo un sovrano russo, non solo dai nemici esterni, ma anche dai suoi più stretti cortigiani, ministri e generali. Pietro il Grande uccise il suo stesso figlio, Aleksej, per un presunto tradimento. Paolo I, figlio di Pietro III e di Caterina II morì assassinato per mano di ufficiali della guardia imperiale.
Putin conosce la storia, ne è appassionato, soprattutto di briografie di personaggi storici sovietici. Anche Stalin aveva questa passione e metà della sua biblioteca si trova nell’ufficio dell’attuale presidente al Cremlino. Il giornalista ricorda come prima della guerra, a Putin piacesse chiedere ai suoi visitatori di scegliere un libro da quella raccolta, per poi discuterne. Negli ultimi anni avrebbe chiesto agli storici: “Come mi ricorderà la storia?”. La risposta spetta ai posteri.
“La storia conta per lui; è sempre stato ossessionato dai leader russi del diciottesimo secolo, Pietro, Caterina e il principe Potëmkin. Erano il trio che ha dominato l’Ucraina; tutti i successivi leader russo-sovietici, inclusi Lenin e Stalin, consideravano il possesso dell’Ucraina essenziale per la loro visione dello stato russo“, specifica l’autore, al quale Putin stesso nel 2000 ha chiesto dei passaggi del libro, intitolato “The Prince of Princes: The Life of Potemkin”, non ancora tradotto in Russia. Difficile immaginare che dopo il raid sul Cremlino dorma sonni tranquilli.
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