Putin scatenato alla vigilia delle elezioni presidenziali. In carcere anche il premio Nobel Orlov

Putin scatenato. Ordine secco: tutti dentro, persino il premio Nobel Oleg Orlov. Alla vigilia delle elezioni presidenziali in Russia (15-17 marzo) il “dittatore mascherato” vuole togliere di mezzo gli ultimi ostacoli che si trovano sull’autostrada che lo sta portando in carrozza al suo quinto mandato (praticamente già in tasca). Allo zar piace vincere facile. Non gradisce né candidati tosti né dissidenti. Gli ultimi rimasti sono saltati come birilli. L’eliminazione di Alexei Navalny, “sparito” dal carcere siberiano di Charp lo scorso 16 febbraio, è certo il fatto più clamoroso.

Tra parentesi: venerdì 1 marzo, ore 14, ci saranno i funerali; la cerimonia funebre si terrà in una chiesa a sud-est di Mosca. Ha rischiato di non andare Vasiky Dubkov, il coraggioso legale di Navalny, anche lui finito in carcere rima di essere rilasciato. Il motivo? Non si sa, ma si può immaginare. La signora Navalny martedì 27, ospite del Parlamento Europeo, ha definito Putin “un mafioso sanguinario, non un politico”. Gli applausi sono usciti in fretta dall’aula di Strasburgo e riprese dai media di mezzo mondo.

Oleg Orlov portato via in manette

Il dissidente russo Orlov, 72 anni, una fama mondiale come attivista e biologo, è finito in un processo farsa, reo di aver contestato l’invasione della Ucraina. Nel processo che si è tenuto lunedì scorso Orlov è stato chiarissimo: “Non c’era nulla di esagerato, nulla di cui pentirmi”. È uscito dal tribunale con le manette ai polsi, tra gli applausi.

Le accuse del Premio Nobel al regime

In tribunale l’attivista per i diritti umani non ha avuto esitazioni. È andato dritto al punto. Ha detto: “Lo Stato nel nostro Paese non controlla solo la vita pubblica, politica ed economica, ma vuole anche il controllo totale della cultura e delle scienze e invade la vita privata delle persone. Lo Stato è diventato pervasivo. Sono anelli della stessa catena, l’uccisione di Alexei Navalny, le persecuzioni giudiziarie contro gli altri esponenti critici del regime, io incluso, il soffocamento delle libertà nel Paese, l’invasione delle forze russe in Ucraina. Diversamente dal protagonista del processo di Kafka, sappiamo perché siamo detenuti, arrestati, condannati e uccisi. Veniamo puniti per aver osato criticare le autorità. Ma chi alimenta la macchina repressiva, ne sarà prima o poi, vittima. Il presente e il futuro sono con noi, e la nostra vittoria è inevitabile”. Ben 27 organizzazioni russe e internazionali per i diritti umani hanno firmato un appello per una sua scarcerazione.

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Warsamé Dini Casali