Il capo dei mercenari della Wagner ha fallito il colpo di Stato ed è sparito dal teatro bellico. In fuga e senza i 43 milioni di euro che gli uomini di Putin gli hanno sequestrato domenica all’alba. Non si sa dove sia salvo poi essere avvistato a Minsk. Fin qua recita la versione ufficiale.
Prigozhin si sarebbe arreso a 200 km da Mosca. Ma i misteri del golpe mancato e le voci di messinscena sono all’ordine del giorno. Molti, troppi i dati oscuri. E a renderli ancora più oscuri si sono aggiunte le indiscrezioni dell’intelligence Usa lanciate dal Washington Post secondo cui lo zar – pur conoscendo già mercoledì le intenzioni di Prigozhin – si sarebbe ben guardato dal fermarlo.
Qualcosa non torna. Ma se tutto fosse soltanto verosimile lo si saprà nei prossimi giorni. Questa almeno è la versione della Casa Bianca.
È il sanguinario che ama le fucilazioni, padrone di una compagnia di ventura, manesco come un facchino, schiamazzone insolente. Ecco in poche parole il ritratto che di lui circola. Solo a guardarlo lottare con l’elemento di traverso e il grasso che sfonda il giubbotto antiproiettile mette paura. Di lui sono note le violenze brutali, i peggiori abusi, le spregevoli soperchierie commesse da un capo all’altro del Medio Oriente e in Africa.
La sua biografia è raggelante. Eccola in estrema sintesi.
I politologi concordano: ordinerà sanguinose purghe nell’esercito russo. Farà di tutto per sopravvivere alla umiliazione che gli è stata inflitta. Il modo più ovvio, e che più gli si addice, è scatenare l’inferno sia in casa che in Ucraina. Prevedibilmente lo zar farà fuori molto capi dell’esercito perché adesso sa come stanno le cose. Aggiunge il politologo Olivier Vendrine, docente universitario e capo redattore del giornale di opposizione Russian Monitor: “Putin ha avuto modo di vedere chi è con lui e chi no, chi è rimasto a guardare, chi ha esitato e chi invece ha partecipato al tentativo di rivolta. Adesso ha un solo modo per ritrovare forza e potere: maneggiare la scure”.