Medioriente al bivio: il summit di pace a Doha (Qatar), promosso dagli Stati Uniti, per ora non ha prodotto l’effetto desiderato. E cioè un cessate il fuoco tra Hamas e Israele e la liberazione degli ostaggi sopravvissuti (33).
L’atteso “Ferragosto di trattative “ si è dunque rivelato un mezzo flop. Al tavolo dei negoziati (rigorosamente a porte chiuse ) c’erano tutti: i mediatori – USA, Egitto, Qatar – , il capo del Mossad, i servizi segreti interni, il generale delle forze di difesa israeliane Nitzan Alon, il capo della CIA (Bill Burns).
Ma non c’era Hamas e si sapeva da 2 giorni. E questo per due ragioni. Quella ufficiale: Hamas aveva già accettato i principi del piano Biden e dunque perché presentarsi? Quella non ufficiale: sono trascorse poche settimane da quando è stato assassinato Ismail Haniyeh che per 8 anni era stato il premier di Hamas ed ora era uno dei principali negoziatori. Ergo il clima , secondo l’organizzazione politica palestinese,non è buono.
A margine è emerso un dato inquietante: la guerra in soli 10 mesi nella striscia di Gaza ha già ucciso 40.000 palestinesi, in gran parte civili, tra cui 2.000 bambini sotto i 10 anni. A Gaza in ogni caso continuano le operazioni israeliane, razzi al confine col Libano. Le forze armate israeliane hanno emesso in queste ore un nuovo ordine di evacuazione per i palestinesi residenti nella parte meridionale dove è in corso una cruenta offensiva.
Se i negoziati, iniziati a Ferragosto in Qatar ,non raggiungeranno una intesa ( comunque teoricamente ancora possibile) la rappresaglia militare promessa dall’Iran e dagli Hizbollah libanesi ( suoi alleati), sarà inevitabile. Lo hanno ribadito più volte. Devono in qual è modo rispondere alle micidiali incursioni israeliane che, nell’arco di 24 ore – tra il 30 e 31 luglio scorso – hanno ucciso a Beirut il n.2 degli Hezbollah (Fuad Shukr) e a Teheran il capo dell’ufficio politico di Hamas (Haniyeh),musulmano sunnita, il volto pragmatico ma intransigente della organizzazione.
Da quel che si è appreso le consultazioni a Doha sono tutt’altro che facili. E neppure rapide come si vorrebbe. Prevalgono i più pessimisti che definiscono il summit “ l’ultima fermata prima della guerra”. Ma anche chi prevede una ulteriore escalation, dalle conseguenze non prevedibili per tutta la regione, non ha buone sensazioni. Il summit di pace a Doha è stato definito anche” il vertice delle spie”. Oltre a quelli citati c’è anche il capo del Mukabarat, Abbas Kamel, 67 anni, un personaggio molto influente nel mondo arabo e vicino al presidente egiziano al-Sisi, attualmente capo della Direzione generale della intelligence egiziana.
È una corsa contro il tempo: Tel Aviv ha messo il suo esercito al massimo livello di allerta; Washington ha rafforzato la sua potenza militare in Medio Oriente. Il tempo stringe e l’orizzonte è sempre più buio.
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