Terrorismo e civiltà. Ho deciso di aderire alla posizione degli intellettuali pro Palestina sul fatto che lo Stato di Israele sia un’entità “artificiale”, imposta a tavolino e tenuta in vita dagli angloamericani e sul fatto che sia necessariosario restituire i territori alla stessa Palestina.
Poiché sono cresciuto con l’idea che la vita sia sacra, ho bisogno che questi intellettuali rispondano alla seguente domanda: cosa ne facciamo dei quasi dieci milioni di abitanti dello Stato israeliano?
Non si può pensare ad un esodo su basi volontarie anche perché non è facile trovare paesi in grado di ricevere gli esuli a casa propria.
Le menti raffinate che insistono per seguire le vie diplomatiche non hanno alcuna credibilità, visto che tutti i tentativi compiuti nell’ultimo mezzo secolo per risolvere i conflitti tra israeliani e palestinesi sono falliti miseramente. Il ruolo dell’Onu è ormai svilito e gli elmetti blu non sono in grado di far rispettare le “Risoluzioni”.
Israele sa di non poter contare all’infinito sugli Stati Uniti, il cui appoggio dipende dall’esito delle elezioni che si tengono ogni quattro anni. Insomma, è venuto il momento di scegliere tra Israele e la teocrazia iraniana, a viso aperto e senza i “distinguo” della “politica”.
Per risolvere il caso, gli Ayatollah più integralisti danno una risposta semplice: gli ebrei avranno un mese di tempo per convertirsi alla fede di Allah, trascorso inutilmente questo termine, seguiranno il destino stabilito da Dio
Chi ha le idee più chiare è Hamas: facciamoli fuori tutti e subito, come è avvenuto il sette ottobre. Sarà sufficiente trattarli come gli Armeni, oppure deportarli in zone ghiacciate della Terra come avveniva per i dissidenti politici in Urss.
Trovata la soluzione dell’annientamento, pensiamo che le vittime predestinate debbano mettersi in fila come pecore, oppure che abbiano diritto a difendersi? Credo che anche il più imbecille tra gli intellettuali all’inizio evocati, debba accettare l’idea che gli abitanti di Israele si sacrificheranno fino all’ultimo uomo.
In conclusione, non serve discutere sulle primitive responsabilità politiche del conflitto, basterà prendere atto che siamo arrivati alla battaglia finale, anche se non sono chiari gli schieramenti.
Infatti, paesi come l’Egitto, la Giordania e l’Arabia Saudita pensano che il nemico da battere sia il regime oscurantista iraniano. Qualunque casalinga che prendesse il posto di Netanyahu, sa che il futuro di Israele dipende dall’annientamento degli Stati del Terrore e che in questi giorni si combatte per l’estrema occasione di sopravvivenza.
A questo punto si apre il capitolo degli strumenti di guerra e della praticabilità del terrorismo.
E’ legittimo che l’esercito israeliano bombardi e uccida la popolazione inerme di civili palestinesi e che si ammazzino “a distanza” i responsabili diretti degli atti di terrorismo?
Esistono precedenti illustri, come quello degli americani in Vietnam che chedistruggevano interi villaggi con bombe al napalm o usavano il lanciafiamme per snidare i vietcong.
La strage di Beslan del 2004per gli attentati provocati dai fondamentalisti islamici, aveva scatenato l’ira funesta del governo russo con l’effetto tragico della morte di 200/300 mila ceceni in gran parte donne e bambini.
Putin aveva dichiarato: inseguiremo i terroristi anche nel cesso. Quando lo stesso Putin invia missili supersonici e distrugge interi caseggiati e con essi i civili, afferma di averlo fatto per colpire i soldati ucraini o i mezzi militari nascosti in quei palazzi. E’ questa la legge di guerra che le anime belle dimenticano troppo spesso.
Barack Obama aveva messo forze di élites alle costole dello sceicco del terrore, Bin Laden. Quando, nel 2011 cioè dopo dieci anni dall’attacco alle Torri gemelle, il terrorista era stato snidato dal covo, i militari l’avevano giustiziato facendo perdere le tracce del suo corpo.
Il presidente americano aveva seguito, attraverso un canale televisivo riservato, gli episodi della cattura e della morte. L’intero popolo americano aveva gioito alla notizia.
L’intellettuale di cui sopra ci dice che il terrorismo, praticato in Europa ai tempi dell’Ira Irlandese e dell’Eta basca, si rende necessario quando un popolo oppresso non dispone di mezzi militari uguali a quelli dell’aggressore. Insomma, gli uomini di Hamas sarebbero eroi al servizio di un ideale.
Del resto, Hamas ha vinto le elezioni e i palestinesi l’hanno preferita a Abu Mazen, che sarebbe un corrotto fino al midollo.
Che l’ex presidente dell’Olp Arafat, avesse un tesoro personale rivendicato alla sua morte dalla moglie, è acclarato al di là di ogni dubbio.
Era quella la stagione dell’uso del terrorismo finalizzato a ricattare i paesi “senza difese” come l’Italia: “Non vi facciamo saltare in aria i treni e voi ci finanziate il movimento”. Si è trattato del business più redditizio degli anni Ottanta.
Nessuna comunità può sopravvivere se accetta di essere ricattata dai tagliagole. Negli anni venti del secolo scorso, in Cina viveva un generale, Feng Yu-Hsiang, che sconfisse l’esercito di un pericoloso capo dei banditi, chiamato “Lupo Bianco”. Il generale era diventato un eroe amato dalla popolazione.
L’Europa sta ancora cercando il “generale” che la liberi dai “Lupi solitari” e, per il momento, manda segnali elettorali ai partiti che non hanno saputo estirparne il seme.
Siamo proprio sicuri che il terrorismo internazionale dipenda dalla questione palestinese? La spada di Allah si è rivolta anche contro l’America, la Russia e l’Europa.
Ho già segnalato l’attentato di New York dell’11 settembre 2001 che aveva provocato 2.996 morti e quello in terra russa.
In Europa, l’Isis ed altri gruppi terroristici hanno attaccato in Francia (Saint Michéle, Bataclan, Charlie Hedbo, a Tolosa e Nizza), a Madrid, a Bruxelles, a Londra, in Germania e in Bulgaria, tanto per ricordare gli eventi principali. Anche molti turisti europei sono stati uccisi in paesi africani.
Per capire che il regime teocratico iraniano abbia come grande nemico l’intero Occidente e il suo sistema economico, laico e democratico, basterà leggere Il saggio di Khomeynī Velayat-e Faqih, che ha ispirato gli Hezbollah libanesi e altri movimenti inNigeria e in Iraq.
Gli unici che hanno trattato i terroristi in punta di diritto sono stati gli italiani, snobbati dai giudici francesi che non avevano estradato i responsabili degli anni di piombo. Credo che molti nostri connazionali abbiano segretamente sorriso alle notizie degli attentati in Francia.
Chi semina il terrore è un mito per le nuove generazioni anche di quelle da tempo “emigrate”. Il giovane “Umar”, che aveva tentato di far saltare in aria l’aereo per Detroit, era un laureando in ingegneria nella più prestigiosa università inglese.
Le presenti generazioni porteranno nella Storia la responsabilità di non avere ben compreso che il rispetto dei diritti dell’uomo è condizione essenziale per la pace; che la violazione sistematica di essi da parte di un regime costituisce una minaccia di guerra e deve essere quindi repressa dalla comunità internazionale.
Le violazioni dei diritti umani nel sud est asiatico, nel medio oriente, in Africa o in sud-America, comportano effetti a cascata per il crescente numero di rifugiati, di flussi migratori e per il traffico di esseri umani.
Per quanti conoscono solo il linguaggio del business, non si tratta quindi di una questione etica, ma anche economica. Il rispetto di questi diritti è condizione essenziale per la pace dei popoli.