Elezioni presidenziali in Russia: urne aperte da venerdì a domenica. Al voto sono chiamati 112 milioni di russi ma non tutti andranno ai seggi. Putin, temendo una modesta affluenza e pur avendo già in tasca il quinto mandato, in queste ore di vigilia manifesta (o finge di manifestare) una certa apprensione. Si fa vedere ansioso, quasi inquieto, come se questa tornata elettorale fosse avvolta nella nebbia delle incertezze. Non è così. L’esito è scontato. L’unica incertezza riguarda la percentuale di consensi. Lo zar punta all’85%, un numero inferiore non lo riconoscerebbe. Per questo vive l’attesa agitando le acque, lanciando richiami, sollecitazioni. Resta il voto farsa.
Oltre alle solite minacce atomiche (“Se sarà necessario siamo pronti alla guerra nucleare”) e alle sparate di circostanza (“Invieremo truppe al confine con la Finlandia”) ha lanciato un appello ai cittadini (“Andate a votare per la Patria”) che ai più e è suonato come una patetica sceneggiata. Il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha già detto la sua. E cioè: ”Le elezioni in Russia saranno totalmente illegali”). Kiev ha esortato la comunità internazionale a respingere i risultati delle elezioni presidenziali in Russia. Il parlamento UE ha fatto sapere che non manderà osservatori. Le Commissioni Esteri di 23 Paesi – dai Baltici agli Stati Uniti e Israele – hanno addirittura firmato una dichiarazione che respinge la legittimità delle elezioni presidenziali in Russia.
Vladimir Putin, 71 anni, è in sella dal 1999, all’epoca primo ministro; il suo predecessore è stato Eltsin. Poi la galoppata di quattro mandati presidenziali fino ai giorni nostri. Con Putin la Russia ha subito un graduale processo di arretramento democratico. Generalmente gli esperti non considerano la Russia una vera democrazia, citando epurazioni, carcerazioni e uccisioni di oppositori politici, repressione della libertà di stampa e mancanza di elezioni credibilmente libere e giuste.