Vietnam si dimette il presidente Nguyen Xuan Phuc mentre il Partito comunista intensifica il giro di vite sulle tangenti.
Il presidente del Vietnam Nguyen Xuan Phuc, 68 anni, in carica dal 2016, si è dimesso dopo che diversi ministri e funzionari del suo governo sono stati rimossi nell’ambito di una campagna anti corruzione coordinata dal potente segretario generale del partito comunista Nguyen Phu Trong.
Rispetto al 2021 si è registrato un aumento del 50% dei casi di corruzione. Il Partito Comunista che governa il Paese ha dichiarato che l’anno scorso 539 membri del partito di ogni livello e responsabilità, sono stati incriminati per corruzione e atti illeciti mentre la polizia ha indagato su 453 casi di corruzione.
Alle dimissioni del presidente il governo ha comunque elogiato la sua politica ed i suoi risultati, in particolar modo quelli ottenuti contro la lotta al Covid, anche se lo si ritiene politicamente responsabile degli scandali che hanno coinvolto i suoi ministri.
All’ex primo ministro Phuc si riconduce la politica economica di riforme per pro-business in aiuto alle imprese per far crescere la produzione industriale e la fiducia di aziende e consumatori. Con lui c’è stata una crescita economica media annua del 6%, soprattutto nell’industria manifatturiera. Ha promosso politiche di liberalizzazione che hanno incluso accordi commerciali con l’Unione Europea e le potenze del Pacifico.
Secondo le Hong Hiep, del Vietnam Studies Programme presso l’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore, l’uscita di Phuc potrebbe favorire l’ascesa al potere di leader più onesti e preparati che portino a cambiamenti radicali capaci di incentivare uno sviluppo economico positivo per il Vietnam.
Ciò porterebbe dei benefici al paese ma per il momento aumentano i timori per l’uscita di Phuc e le incertezze sul futuro che potrebbero innervosire gli investitori stranieri e favorire instabilità economica.
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