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Premierato, Meloni non farà la fine di Renzi: “Lascio Chigi solo se perdo le elezioni” (nel 2027)

Dopo il premierato, che ne sarà dell’Italia? Al tempo: non andiamo troppo in là con le previsioni. Prima bisognerà vedere quali saranno i risultati delle europee. Mai come questa volta Bruxelles non  è solo una competizione che riguarda quel che dovremo attenderci per il vecchio continente; ma anche un voto “nostrano”, cioè chi vincerà o perderà potrà cambiare qualcosa nel nostro Paese? Così, pure stavolta (e ancor di più) la lotta tra la destra e la sinistra interesserà molto gli equilibri interni. Insomma, sarà un risultato che vorrà dir tanto sul braccio di ferro tra maggioranza e opposizione. 

Andiamo sul concreto, entriamo in “medias res”. Elly Schlein potrebbe giocarsi il posto della segreteria di via del Nazareno. Se non dovesse raggiungere almeno il venti per cento dei consensi, i suoi nemici interni scateneranno la guerra per ora sotterranea. No alla rivoluzione da lei voluta e perseguita, ritorno al passato, certamente più moderato e centrista. Il “fuoco amico” è pronto ad imbracciare il fucile e a sparare a pallettoni per cambiare il volto dell’attuale Pd.

Nemmeno a destra si trascorrono giorni tranquilli. Il voto europeo potrebbe voler dire tre cose: lo strapotere di Giorgia Meloni verrà ridimensionato o la luna di miele con l’elettorato italiano continua senza interruzione? E ancora: quale sarà il risultato degli altri due alleati di Fratelli d’Italia? E’ chiaro che se la premier avrà un consenso uguale a quello delle politiche del 2022, la voce in capitolo di Matteo Salvini e Antonio Tajani diventerebbe quasi nulla. Se poi il partito che fu di Silvio Belusconi dovesse operare il sorpasso sul Carroccio, il futuro del segretario di via Bellerio non sarà semplice.

Ecco allora perché le europee dell’otto e nove giugno saranno determinanti anche sul piano interno. Dopo questa consultazione potremmo dare uno sguardo più in là e capire quale sarà la strada dell’Europa: ci sarà una svolta a destra o l’attuale maggioranza continuerà a comandare? Che farà il nostro esecutivo e come si schiererà?

Anche in questo caso non c’è piena armonia nella triade di governo: Salvini è nettamente più spostato a destra, Tajani è moderato e prudente, Meloni tergiversa in attesa di una maggiore chiarezza. La verità è che Giorgia è molto presa da quella proposta che lei afferma essere la “madre di tutte le riforme” e cioè il premierato,  vale a dire l’elezione diretta del presidente del consiglio che verrà eletto dal popolo.

Sarà un iter lungo e tormentato non solo perché la sinistra è decisa a intralciarne a tutti i costi il cammino, ma anche perché alla fine, se si dovesse arrivare al dunque gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi per il si o per il no. Un referendum che ricorda il passato non lontano di quando Matteo Renzi guidava il Paese forte del suo quaranta per cento di consensi. Era talmente sicuro di vincere che lanciò il sasso oltre la siepe: “Se gli italiani mi daranno torto mi dimetterò dal mio incarico”. 

Non ebbe fortuna e per questo la sinistra spera in un secondo scivolone che avrà per protagonista Giorgia Meloni. Meglio. Sperava. La premier ha detto a chiare lettere che se anche il referendum dovesse andar male lei non se ne andrà da Palazzo Chigi e continuerà a guidare l’esecutivo. “Saranno gli italiani alle prossime politiche a dirmi che cosa dovrò fare. Allora si che lascerei la mia poltrona perché il verdetto del popolo non si discute”.

Non c’è dubbio però che questa mossa di Giorgia ha spiazzato la sinistra che si fidava  molto del referendum. Niente da fare: la maggioranza rimarrà tale pure se il premierato sarà bocciato. Sconcerto nella minoranza? Decisione quanto mai in attesa? E’ certo che da oggi in poi, il Pd e i suoi cespugli dovranno cambiare obiettivo.

Meloni insiste: “Non mi manderanno via anche se buona parte dei media è dalla loro parte”. Giorgia fa pure nomi e cognomi e se la prende con una rete che manda in onda ogni giorno quattro o cinque talk show che hanno spesso lo sguardo verso sinistra. A dispetto della par condicio.

 

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