Premierato, panacea o mito? chi si fida di “una donna sola al comando?”, Meloni come Renzi al referendum?

Premierato, ovvero premier eletto direttamente dai cittadinia, a  sinistra il coro è unanime: questa legge proprio non va. Qualcuno addirittura è più drastico: sembra il calesse del film di Massimo Troisi.

Voleva essere una rivoIuzione e poco più che un pasticcio. Comunque, i mal di pancia non si placano, le polemiche non accennano a diminuire, anzi.

E al centro di queste critiche c’è naturalmente Giorgia Meloni che ha indossato (secondo la minoranza) la divisa della generalessa. In fondo, che cos’è questa legge che il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità?

Semplicemente vuole che sia il popolo a decidere chi sarà il premier, cioè il presidente del consiglio. Una elezione diretta come per i sindaci. 

In questo modo (spiega la destra) si eviterebbero gli inciuci dei partiti e del Palazzo che con accordi sottobanco, non terrebbero in nessun conto il volere della gente.
In povere parole: si vota per uno ed  è l’altro a vincere.
Giorgia Meloni dice: “E’ la madre di tutte le riforme” e non si fa nessuna marcia indietro perchè secondo la Costituzione, per il premierato, è il potere del popolo quello che conta.
Già è proprio sulla Carta che si scatena la bagarre: con questo tipo di premierato si limitano i poteri del Colle, si riduce drasticamente il ruolo del Parlamento.
Ecco lo slogan prediletto dalla minoranza: “Una donna sola al comando” che non piace alla sinistra a cui toglierebbe ogni manovra di poter ribaltare una situazione anche se gli italiani l’hanno pensata diversamente.
Si ritiene sia un mito secondo la maggioranza, è vero il contrario secondo la sinistra. I commenti al proposito, sono drastici.
Giuseppe Conte (proprio lui che per due volte è stato premier con due coalizioni diverse) si rivolge direttamente a Meloni: “Ripensaci” le grida contro.
Elly Schlein non si tira indietro e si appella appunto alla Costituzione: “La stravolge” afferma con forza.
Gli oppositori fanno riferimento ad un sondaggio che non ha alcuna ufficialità: gli italiani sono contro. Quattro su dieci dicono no. Insomma, sarebbe una lunga, irrealizzabile traversata che porterebbe ad un referendum che farebbe sbattere contro il muro l’esecutivo ed il suo premierato.
“Ricordate Matteo Renzi che voleva stravolgere gli attuali equilibri del Parlamento? Fu travolto dai no e da allora la sua stella si è avviata verso il tramonto”.
Il Colle che cosa ne pensa? “La sottoscriverà”, dicono a destra. Risponde l’altra campana: “Non illudetevi di creare una terza repubblica”.
Anche se il Quirinale non ha detto una parola sul “mito” voluto da Giorgia, appare chiaro che non condivide l’iniziativa. Infatti nessuno parla di adesione, come si strombazza da Palazzo Chigi e dintorni .
I violenti attacchi che provengono da via del Nazareno e dintorni non disturbano più di tanto la maggioranza che continua a sostenere che senza questa riforma il Paese non potrà mai contare sulla stabilità.
“Non lo diciamo noi, è la storia ad insegnarcelo”, tuonano anche Forza Italia e la Lega. La maggioranza è compatta e non si lascerà condizionare da chi rema sempre contro, per principio.
La premier ribatte ad ogni critica e quando replica non ha peli sulla lingua: “I nemici le provano tutte per buttarmi giù, ma non ci riusciranno”.
Questo ottimismo trova la sua fondatezza sui sondaggi (stavolta unanimi) che confermano l’assoluta preponderanza dei Fratelli d’Italia (e dei suoi alleati), con un distacco di molti punti dal Pd e dai 5 Stelle che non viaggiano nemmeno uniti.
Che succederà allora? Se ci si augura un capitombolo di Giorgia Meloni bisognerà vedere se tutto questo avverrà nei prossimi mesi.
La premier ha dimostrato che in politica estera ha avuto molti consensi in Europa e negli Stati Uniti; nel nostro Paese non sembra avere rivali tanto più che a sinistra si naviga a vista senza il minimo traguardo.
L’interrogativo, dunque, continua ad essere uno ed uno soltanto: si farà o non si farà il premierato? Approderemo verso una terza repubblica o rimarremo come siamo perchè le intese sottobanco piacciono tanto a certi Palazzi di oggi?
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Bruno Tucci