Psicodramma nel Pd: ko in 12 elezioni su 13. Preoccupa il vento di centrodestra che soffia potente sull’Italia dal voto politico del settembre 2022. L’ultima sconfitta il Liguria è dura da digerire, piovono accuse (tante) e autocritiche (poche). Campo largo al bivio, demolito Conte (“ci ha fatto perdere “), il Pd riflette sul flop e guarda con apprensione il banco di prova della coalizione extra large in Umbria. Ma anche sul “fortino rosso” in Emilia Romagna si temono passi falsi.
È il timore principale del centrosinistra in Emilia. De Pascale, il sindaco di Ravenna, pidddino DOC, candidato al posto che fu di Bonaccini, teme soprattutto l’astensione. I riflessi del voto ligure sono arrivati anche in Emilia Romagna benché le due realtà siano, sulla carta, molto diverse. Tuttavia è il caso di ricordare che l’affluenza in Emilia è andata sempre calando dal 1970 al 2020. Nel 1970 l’affluenza era da primato: 96,6%. Poi si è arrivati al 37,7% di quattro anni fa.
Per questo Giovanni Donzelli, bolognese, avvocato, deputato e responsabile nazionale della organizzazione di Fratelli d’Italia, è fiducioso in un ribaltone. E dice:” Gli italiani sono molto più maturi di come la sinistra tende a dipingerli. Non si fanno tirare per la giacca, non amano le polemiche e gli attacchi strumentali. Guardano ai fatti. In Liguria c’era un aggregato litigioso, c’erano due programmi – quello Pd è quello M5S – in contrasto tra loro e c’era un nome presentato solo in contrasto con noi, che siamo brutti e cattivi. Le prossime sfide? Sono ben più difficili. Lo sappiamo. Tuttavia le giocheremo con serenità e con la certezza di avere scelto il candidato giusto in Emilia-Romagna come in Umbria. D’altronde ci avevano prospettato un cappotto da 3-0 e invece il parziale è di 1-0 per noi. A questo punto chi dice che il cappotto non riesca a noi?”.
Analisti tutti d’accordo: c’è oggi una tendenza pericolosa, cioè “credere che votare sia proprio inutile”, come ha spiegato al Carlino il politologo Paolo Pombeni. Aggiungendo: “Ci sono analogie tra la situazione ligure e quella dell’Emilia Romagna. La lezione ligure ha chiarito: se non c’è un candidato fortemente identitario si fa fatica. Bucci è molto conosciuto soprattutto nel capoluogo, meno in tutto il territorio; Orlando è stato un ministro con un profilo tecnico.
Quanto all’astensionismo che si teme in Emilia Romagna è il caso di ricordare che Bonaccini la prima volta fu eletto con una percentuale molto bassa di votanti, intorno al 38%; la seconda volta invece la partecipazione fu decisamente più alta, ma c’erano le Sardine, un movimento che portò una importante mobilitazione di persone”. Da ultimo va rimarcato che il fattore alluvione spaventa i partiti, la popolazione si sente abbandonata. Un segnale di sfiducia più che inquietante.