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Raffaele Fitto che sorveglia da Bruxelles il PNRR europeo è “mettere una volpe a capo di un pollaio”

Raffaele Fitto a sorvegliare da Bruxelles il PNRR europeo equivale a “mettere una volpe a capo di un pollaio”, dato che l’Italia è il principale beneficiario del fondo di ripresa post-pandemia dell’UE e ha il secondo rapporto debito-PIL più alto in Europa, nota Politico, giornale americano a proprietà tedesca.

In un lungo profilo dedicato a Fitto, pubblicato alla vigilia delle nomine europee, Gregorio Sorgi definisce Raffaele Fitto “una rarità nel partito Fratelli d’Italia di Meloni, che è generalmente pieno di agitatori euroscettici, nazionalisti che si battono il petto e novizi della politica”. È un ex membro del Parlamento europeo, che amici e nemici hanno definito un pragmatico.

Fitto costruttore di ponti

Raffaele Fitto
Raffaele Fitto che sorveglia da Bruxelles il PNRR europeo è “mettere una volpe a capo di un pollaio” – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)

“Fitto è il perfetto costruttore di ponti perché è molto diplomatico ed è politicamente ben sintonizzato”, ha affermato Johan van Overtveldt, un eurodeputato belga nello stesso raggruppamento paneuropeo, i Conservatori e Riformisti Europei di destra (ECR).

Mentre ogni governo dell’UE può scegliere chi vuole far sedere nella commissione composta da 27 membri per i prossimi cinque anni prima della scadenza del 30 agosto, spetta a von der Leyen decidere quale lavoro dovrebbe svolgere.

La nomina di Fitto a commissario segnala che Meloni vuole essere costruttiva piuttosto che una provocatrice, nonostante il suo recente scontro con l’UE per presunte violazioni della libertà dei media.

Fitto sostiene di conoscere il bilancio dell’UE a menadito e, in qualità di ministro per l’Europa, ha fatto in Italia ciò che la Commissione sta pensando di replicare in tutto il blocco: aumentare la supervisione governativa sui finanziamenti europei delle regioni più povere. A Bruxelles, il prossimo responsabile del bilancio dovrà infilare l’ago tra la spinta della Commissione per un maggiore controllo e la resistenza delle regioni che vogliono essere lasciate in pace.

Un democristiano di rango

Le persone che hanno lavorato con Fitto lo descrivono come un “democristiano”, che nel lessico politico italiano è sinonimo di politica di centro, comportamento cortese e pragmatismo spietato.

Gli oppositori di Fitto, nel frattempo, lo considerano un tattico senza visione che fa poco se non seguire gli ordini di Meloni. Un funzionario della Commissione, parlando anonimamente, ha affermato che dare a Fitto un portafoglio economico è come “mettere una volpe a capo di un pollaio”, dato che l’Italia è il principale beneficiario del fondo di ripresa post-pandemia dell’UE e ha il secondo rapporto debito-PIL più alto in Europa.

Tuttavia, il suo acume politico gli sarebbe di grande aiuto in un luogo intriso di compromessi, accordi segreti e in cui il Partito Popolare Europeo (PPE) di centro-destra, di von der Leyen e di cui Fitto stesso era originariamente membro, detiene le leve del potere.

Fitto ha mosso i primi passi in Puglia, una regione soleggiata nella punta più a sud della penisola italiana, famosa per i suoi ulivi, le spiagge sabbiose e le dinastie politiche. Entrò nella politica locale nel 1990, all’età di 20 anni, quando suo padre Salvatore, che era governatore regionale della Puglia per la Democrazia Cristiana, il partito centrista che governò l’Italia per decenni prima di essere travolto da uno scandalo di corruzione nei primi anni Novanta, morì in un incidente d’auto. Nei decenni successivi, Fitto navigava tra i tumulti della politica italiana con un notevole istinto di sopravvivenza e una lungimiranza politica che lasciarono perplessi i suoi amici e i suoi nemici. Fitto, invece, era una stella nascente nel centrodestra Forza Italia, ma aveva litigato con il leader del partito ed ex primo ministro Silvio Berlusconi. “Fitto mi disse: ‘Devo farlo [unirmi al partito di Meloni] perché è l’unico modo per sopravvivere politicamente'”, ricorda il suo vecchio amico: “Era chiaro che aveva un piano”. E alla fine ha dato i suoi frutti.

Quando Meloni è diventata primo ministro nell’ottobre 2022, ha dato a Fitto un portafoglio potente che includeva la gestione della quota di quasi 200 miliardi di euro dell’Italia nel fondo di ripresa post-pandemia dell’UE e, più in generale, la gestione delle relazioni con Bruxelles.

Anche allora, la sua nomina è stata un segnale che Meloni, che aveva una storia di campagne per cause euroscettiche, voleva fare affari con l’UE.

I funzionari della Commissione sono stati sollevati dal fatto che il loro interlocutore fosse più interessato a rispettare le scadenze di pagamento che a combattere guerre culturali.

I suoi alleati lo descrivono come un maniaco del lavoro che “si preoccupa della famiglia e della politica” e della squadra di calcio Juventus, quest’ultima una delle poche affinità con il commissario uscente italiano, il socialista Paolo Gentiloni.

“[Fitto] è fondamentalmente un politico, che si è sporcato le mani con i tecnicismi”, ha affermato un funzionario della Commissione che si è impegnato ampiamente con lui. A due anni dalla scadenza del fondo di ripresa dalla pandemia, l’Italia si è assicurata il 58 percento della sua quota di finanziamenti UE, ben al di sopra della media, e si è tenuta lontana dai guai con la Commissione.

“Ha sempre capito che bisogna avere relazioni con chi detiene le chiavi delle casse [pubbliche]”, ha detto il conoscente di lunga data di Fitto.

Ora Fitto ha le chiavi in ​​mano.

 

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