Rai, sciopero di 5 giorni dei giornalisti. Piange il cavallo di viale Mazzini, strada romana dove ha sede la Rai. Lacrime amare perché vede quanto soffrono i dirigenti dell’ottavo piano, presidio del gotha.
“Non è una questione economica che li ha allontanati da viale Mazzini”, sostengono le prefiche. “Piuttosto è il nuovo corso dominato dalla destra ad averli fatti dimettere”. Non ci vuole un gran coraggio a sbattere la porta dinanzi a simili stipendi.
Chissà che cosa ne penseranno gli operai costretti alla cassa integrazione dalla Stellantis. Anche loro si commuoveranno oppure, più ragionevolmente, faticheranno a comprendere perché i giornalisti della Rai hanno proclamato cinque giorni di sciopero denunciando lo strapotere della politica che sta stravolgendo l’azienda pubblica della cultura italica?
Beh, forse hanno la memoria corta i dirigenti dell’Usigrai (il sindacato) che probabilmente fa finta di dimenticare quel che succedeva in passato. Però, infischiandosene di guardare indietro, danno la colpa alla maggioranza se gli assi dell’informazione se ne stanno andando altrove.
Agostino Saccà non ha dubbi: “Nascerà così assai presto il terzo polo, non più soggiogato al potere”. Si parla di un nove per cento di share, ma queste sono supposizioni perché solo il domani potrà dire se questa è la realtà o una fake news.
Certo non bisogna prendere alla leggera le parole di Saccà. E’ un calabrese di 80 anni (nato a Polistena, in provincia di Reggio) che ha un curriculum di tutto prestigio alle spalle. Quel che succede nei piani alti di Viale Mazzini lo sa a memoria perché in quelle stanze ha vissuto per parecchi lustri (dal 1976 al 2022). E’ solo una questione di destra o di sinistra che fa “sbandare” la Rai? Chi non è obnubilato dalla politica sa che questa non è la verità. Chi di noi non lascerebbe il posto che occupa se il nuovo datore di lavoro gli offre il quadruplo di quel che guadagna o forse più?
D’altronde non è una novità quel che succede oggi nel mondo dell’informazione. I maestri di questi “salti” sono gli eroi della domenica, al secolo i giocatori di calcio che, ad uno ad uno, stanno emigrando negli emirati perché in quella terra si guadagnano soldi a gò-gò.
Gli si può dar torto? Si può dire che non onorano la maglia che hanno indossato per parecchi anni? Pure il tifoso più acceso, l’ultras della curva, deve piegarsi alla legge del mercato. Ne consegue che i runors affermano oggi che pure Giovanni Floris potrebbe emigrare a Discovery per non parlare di Enrico Mentana che in una singolare intervista alla Stampa di Torino confessa: “In molti sanno che il mio contratto con La7 scade alla fine del 2024”. Anche lui ha intenzione di trasferirsi a Discovery? E’ una supposizione, una ipotesi che attualmente si deve ritenere infondata.
Nonostante tutto questo susseguirsi di notizie una gran parte dei giornalisti della Rai non arretra e presto incrocerà le braccia (a parte il numero esiguo di coloro che hanno creato un nuovo sindacato). Hanno torto? Hanno ragione? Se si è maggioranza si risponderà di si; se si sta all’opposizione il parere sarà completamente diverso.
Ora quindi si riparla di decisioni ad orologeria in vista delle importantissime elezioni europee di giugno. Prima la magistratura con sentenze che fanno discutere, adesso anche il mondo del giornalismo vuol imboccare questa strada? La speranza di chi ha da tempo i capelli bianchi è quella di non farsi travolgere dalla politica di qualsiasi colore essa sia. Il must deve essere quello della terzietà: raccontare e basta. Innanzitutto la cronaca.
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